Uici Calabria scrive al commissario Longo: “Permettete ai ciechi e agli ipovedenti di sottoporsi alla vaccinazione contro il Covid 19”
“Permettete ai ciechi e agli ipovedenti di sottoporsi alla vaccinazione contro il Covid 19 riconoscendo, o meglio, rispettando un diritto volto a tutelare la loro salute e quella di chi con loro condivide la quotidianità e le difficoltà dell’handicap visivo”. Più che un’istanza, la missiva inoltrata via pec dal Consiglio Regionale UICI della Calabria, nella persona del presidente Pietro Testa, e sottoscritta dal presidente Nazionale UICI, Mario Barbuto, al Dipartimento tutela della salute, servizi sociali e socio-sanitari della Regione Calabria, con specifica richiesta di “cortese attenzione” al Commissario ad acta, prefetto Guido Longo, lo scorso 27 marzo, è un grido di dolore, rispetto alle contraddizioni, alla superficialità, al pressapochismo, in definitiva, alla mancanza di cultura civica e sensibilità umana, verso la categoria dei disabili della vista, riscontrabili nelle misure emanate e nelle procedure approntate dall’Ente Regionale in ordine all’attuazione della campagna vaccinale, in particolare inerentemente alla prenotazione attraverso la piattaforma on line e, quindi, alla possibilità di ricevere la sospirata dose. In estrema sintesi, i ciechi e gli ipovedenti calabresi, nel giro di pochi giorni, si sono visti prima accordare e poi negare la possibilità di accedere, per mezzo del loro codice di esenzione, alla prenotazione riguardante le categorie portatrici di disabilità gravi, senza ricevere spiegazioni, delucidazioni e indicazioni su modalità alternative attraverso cui procedere all’iscrizione negli elenchi dei soggetti necessitanti in tempi brevi della somministrazione del vaccino, stante la loro condizione di fragilità e, quindi, di rischio accentuato; una condizione e un rischio che nei disabili della vista sono determinati dal vissuto quotidiano stesso, fatto di percezione aptica, di prossimità con gli altri, di difficoltà e, in gran parte dei casi, d’impossibilità nel mantenere il distanziamento interpersonale: i non vedenti, in altre parole, “vedono” attraverso il tatto, quindi attraverso il contatto delle loro mani col mondo che li circonda e con gli strumenti atti a garantire la loro integrazione e autonomia, tanto nella sfera relazionale, quanto in quella professionale, oltre che formativa; un mondo che essi vivono e di cui possono cogliere le opportunità, oltre che attraverso la percezione aptica (rispetto a cui l’uso dei guanti risulta poco funzionale), anche grazie alle persone che li aiutano a valicare quell’isolamento in cui il buio può relegare l’esistenza. Appaiono, ovvi, insomma, senza esplicitare ulteriori argomentazioni, i rischi a cui sono sottoposti, contestualmente alla possibilità di contagio, i disabili visivi; ancor più ovvie sono, dunque, la preoccupazione espressa e le richieste formulate dal Presidente Testa nella missiva.