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Save the Children: “La Calabria non è a misura di bambino”

Save the Children: “La Calabria non è a misura di bambino”

 

La Calabria non è “a misura di bambino”, ma ancor meno “a misura di bambine”, che si sono trovati ad affrontare l’emergenza Covid-19. Lo dice l’XI edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio “Con gli occhi delle bambine” diffuso a pochi giorni dalla Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza da Save the Children. L’Organizzazione internazionale, nel report 2020, ha messo sotto la lente d’ingrandimento i minori e le conseguenze della loro povertà, educativa e non, aggravata dall’emergenza Covid-19. Il report Calabria parla di un “limbo” in cui è intrappolato il 36,2% delle ragazze tra i 15 e i 29 anni che rischiano, entro la fine dell’anno, di ritrovarsi nella condizione di non studiare, non lavorare e non essere inserite in alcun percorso di formazione, rinunciando così ad aspirazioni e a progetti per il proprio futuro, contro il 34% dei coetanei maschi. In Calabria, il 42,4% dei minori vive in condizioni di povertà relativa, attestandosi al primo posto di questa triste classifica, all’estremo opposto rispetto ai territori più virtuosi, quali Trentino Alto Adige (8,3%) e Toscana (9,8%). Per quanto riguarda il “capitale umano”, i dati mostrano un calo dei nuovi nati. Tra le province calabresi, è Cosenza quella con la percentuale più bassa di minori sul totale della popolazione (15,4%), mentre Crotone fa registrare il valore più alto (17,7%). In Calabria ci sono stati oltre 14 mila nati. A ridurre il brusco calo, solo l’incidenza dei minori con cittadinanza straniera, che oggi in Italia sono l’11% del totale. In Calabria svetta Reggio (6,7%) seguita da Catanzaro (6,2%). Un nuovo elemento del report è l’aumento della povertà educativa analizzato come conseguenza della crisi legata al Covid-19 che rischia concretamente di tradursi nella perdita di apprendimenti e competenze educative, nell’incremento della dispersione scolastica così come del numero di giovani tagliati fuori da percorsi di studio, di formazione o lavorativi, tutti fenomeni già ben presenti prima dell’arrivo del virus. Basti pensare alla possibilità di frequentare un asilo nido o un servizio per la prima infanzia, che in Calabria resta un privilegio per pochissimi: nell’anno scolastico 2018/2019 solo il 3% dei bambini, dato più basso in Italia, aveva accesso a servizi pubblici offerti dai Comuni. Ma anche nel percorso di crescita, gli indicatori di povertà educativa confermano una situazione difficile già prima dell’emergenza: quasi 1 giovane su 5 (19%) abbandona la scuola prima del tempo, contro una media nazionale del 13,5%; inoltre il 35,1% dei giovani rientra nell’esercito dei neet, cioè di coloro che non studiano, non lavorano e non investono nella formazione professionale, percentuale inferiore solo alla Sicilia. Anche fuori dalla scuola, le opportunità di crescita culturale, emozionale, creativa, di svago e di movimento sembravano essere molto basse già prima dell’arrivo del virus: nel 2018-2019, più di 6 minori su 10 tra i 6 e i 17 anni non leggevano neanche un libro extrascolastico all’anno (63,8%, un dato ben superiore al 48% nazionale), mentre il 30% dei bambini o adolescenti tra i 3 e i 17 anni non praticava alcuna attività sportiva contro una media nazionale del 22,4%. Nel mondo del lavoro le forme di discriminazione verso le donne fanno deragliare le prospettive di molte ragazze. In Calabria le giovani neet sono il 36,2%, 34% i coetanei maschi, tra i dati più alti in Italia. La Sicilia (39,9) e la Calabria sono le regioni con più giovani ragazze ai margini.

 

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