Sanità, Notarangelo (Pd): “Confronto serio sulle aziende di Catanzaro”
CATANZARO. “Trasformare le criticità rilevate dal governo in una opportunità di confronto costruttivo per abbattere i muri che esistono tra le due aziende, piuttosto che innalzarne degli altri, più spessi”. Lo sostiene il consigliere regionale del Pd, Libero Notarangelo, commentando la decisione del governo di impugnare la legge regionale sull’integrazione dell’azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” con l’azienda ospedaliera universitaria “Mater Domini” di Catanzaro, legge che prevede la costituzione di una nuova azienda ospedaliera denominata “Azienda ospedaliero universitaria Mater Domini-Pugliese Ciaccio”.
Secondo Notarangelo “tanto tuonò che piovve. Un provvedimento licenziato in tempi record, con burocrazia a scartamento ridotto, presentato in grande stile dal presidente del Consiglio regionale Domenico Tallini, determinato fautore della svolta decennale, in buona compagnia del sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo. A metà strada tra lo spot elettorale e il marketing territoriale, Tallini e Abramo illustrarono le magnificenze di una legge dichiarata incostituzionale l’anno prima, 2019, su ricorso del commissario ad acta Saverio Cotticelli”. “Le rassicurazioni sul fatto che, questa volta, l’innovativa legge pro-integrazione portava il sudore e il sigillo anche del generale della sanità calabrese, e quindi esisteva un impegno verbale a non ricorrere, lasciavano ben sperare. Ma non è bastato, anche questa volta i conti si erano fatti senza l’oste. Quanto accaduto in sede di Consiglio dei ministri – spiega il consigliere regionale del Pd – deve farci riflettere seriamente sul fatto che ragionare di integrazione tra aziende ospedaliere non basta per garantire delicati equilibri sul filo dell’autonomia degli uni, pagata a spese del ridimensionamento delle competenze degli altri. Equilibri che minano il percorso da sempre accidentato di una integrazione vissuta come un’annessione, e quindi ridotta ad una guerra di posizione, a discapito dell’interesse superiore della qualità dei servizi sanitari e quindi della tutela del diritto alla salute dei calabresi”.
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