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Ricerca Istat, a causa del Coronavirus è saltata quasi la metà dei matrimoni

Ricerca Istat, a causa del Coronavirus è saltata quasi la metà dei matrimoni

I dati Istat del 2020 dunque danno conto dell’impatto della pandemia da Covid-19 sui matrimoni, evidenziando un crollo di portata eccezionale che ha quasi dimezzato il numero delle nozze in un solo anno: sono stati celebrati 96.841 matrimoni, 87 mila in meno rispetto al 2019 (-47,4%). La battuta d’arresto si osserva a partire da marzo 2020 con picchi ad aprile e maggio proprio per via delle pesanti restrizioni imposte dalla pandemia. Alcune misure di contenimento (divieto di assembramenti, numero massimo di persone in caso di eventi) hanno comunque riguardato l’intero anno 2020 e si sono protratte nel 2021. Ulteriori elementi a sfavore delle nozze si sono aggiunti, via via, a seguito del dispiegarsi degli effetti sociali ed economici indotti dalla crisi sanitaria. A livello territoriale, il calo è molto più pronunciato nel Mezzogiorno (-54,9%) rispetto al Centro (-46,1%) e, soprattutto, al Nord (-40,6%). La diversa intensità nella diminuzione dei matrimoni è riconducibile anche alle diverse tipologie di celebrazioni e festeggiamenti e al livello di partecipazione che in genere contraddistinguono le tradizioni del nostro Paese. In base ai dati dell’Indagine “Famiglie, soggetti sociali e ciclo di vita” riferiti al 2016, è possibile osservare evidenti differenze a livello territoriale nel numero degli invitati. La prevalenza di ricevimenti con almeno 100 invitati è netta nel Mezzogiorno (55,8% dei ricevimenti rispetto al 39,3% del Nord), così come per quelli con almeno 200 invitati (19,8% rispetto al 10,2%). I festeggiamenti nuziali con meno di 30 invitati incidono invece per il 12,1% al Nord e solo per il 3,5% nel Mezzogiorno. i Il crollo del 2020 – rilevano i ricercatori dell’Istituto di statistica – accentua drammaticamente la tendenza alla diminuzione della nuzialità che si osserva da oltre quarant’anni, legata a profonde trasformazioni sociali e demografiche. Sin dalla metà degli anni Settanta si è assistito sia alla posticipazione dell’età al primo matrimonio sia alla progressiva diffusione delle libere unioni (convivenze more uxorio), quasi quadruplicate dal periodo 1999-2000 al 2019-2020 (da circa 380mila a poco meno di 1 milione 400mila). L’ incremento dipende prevalentemente dalla crescita delle libere unioni di celibi e nubili (da 170mila a 863mila circa). Negli ultimi due decenni, inoltre, il netto ridimensionamento delle nuove generazioni, dovuto alla fecondità bassa e tardiva osservata a partire dalla metà degli anni Settanta, ha prodotto un effetto strutturale negativo sui matrimoni così come sulle nascite. Man mano che queste generazioni, molto meno numerose di quelle dei loro genitori, entrano nella fase della vita adulta si riduce infatti la numerosità della popolazione in età da matrimonio e, di conseguenza, a parità di propensione a sposarsi, cala il numero assoluto di nozze. La diminuzione tendenziale di lungo periodo ha avuto alcune oscillazioni congiunturali. Per esempio, un aumento dei matrimoni è stato osservato nel 2000, per l’attrattività che tale anno ha esercitato su chi ha voluto celebrare le proprie nozze all’inizio del nuovo millennio. All’opposto, nel triennio 2009-2011 la diminuzione è stata particolarmente accentuata e dovuta al crollo delle nozze dei cittadini stranieri, scoraggiati dalle modifiche legislative volte a limitare i matrimoni di comodo e dagli effetti della crisi del 2008 che li ha colpiti particolarmente. La caduta dei matrimoni è attribuibile soprattutto al calo delle prime nozze che, nel 2020, registrano un nuovo minimo, soltanto 69.743 (-52,3% rispetto al 2019). A diminuire di più sono state le prime nozze con lo sposo in età tra 30 e 39 anni (-55,8%) e quelle con la sposa fino a 39 anni (-54,4%). Un calo più limitato riguarda invece i primi matrimoni in cui entrambi gli sposi hanno almeno 50 anni (-26,9%).

 

 

 

 

 

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