Il nuovo sindaco di Riace: “Sì a migranti, ma in numero limitato”

Il nuovo sindaco di Riace: “Sì a migranti, ma in numero limitato”

RIACE. “Il primo atto che ho trovato sulla mia scrivania, a meno di 24 ore dal mio insediamento, è la richiesta di restituzione, da parte del ministero, di oltre 3 milioni di euro per somme non rendicontate dal Comune di Riace per la gestione dei profughi”. Lo dice il neo sindaco di Riace, Antonio Trifoli, vincitore delle ultime elezioni a capo di una lista vicina anche alla Lega che nel borgo noto nel mondo per il sistema d’accoglienza dei migranti è risultato essere il primo partito alle europee. Il centro del Reggino è diventato famoso come “modello” di integrazione degli immigrati grazie alle opere del sindaco precedente (poi sospeso in seguito ad una inchiesta della procura di Locri), Domenico Lucano, rinviato a giudizio proprio per presunte irregolarità nella gestione dei fondi destinati all’assistenza dei migranti. “Noi questi soldi non ce li abbiamo, e ci costituiremo parte civile in un eventuale altro procedimento – dice Trifoli – e queste somme le chiederemo a chi le ha spese senza rendicontarle. Abbiamo già un dissesto di 4 milioni di euro – aggiunge il sindaco – e non possiamo caricare sui cittadini anche questi soldi. Ripartiamo dalla normalità, dalle condizioni fatiscenti dell’edificio del municipio, abbandonato, – dice il sindaco – e questo ci hanno chiesto i cittadini: la normalità, non una scenografia mediatica, come quella che si è vista in questi anni. Il vento qui è cambiato – dice ancora il sindaco – e da un venticello, siamo arrivati ad un tornado che ha cambiato tutto, ed è stata la gente che ha voluto tutto questo, perché due terzi del paese si sono ribellati alla gestione precedente. I migranti che sono rimasti qui ora sono pochi, non per colpa nostra, ma perché il modello Riace si è autodistrutto per le vicissitudini giudiziarie degli ultimi tempi – precisa Trifoli – e comunque noi accoglieremo ancora: la nostra sfida è quella di ripopolare Riace al di là del progetto Sprar, perché non possiamo permetterci che in un centro dove risiedono 1500 persone, 500 o 600 siano richiedenti asilo. Il numero deve essere limitato, soprattutto nel borgo antico, anche nel rispetto degli stessi immigrati che devono integrarsi e che altrimenti non lo farebbero”.

 

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