Reggio Calabria, nove vigili urbani nella bufera per concussione

Reggio Calabria, nove vigili urbani nella bufera per concussione

Due agenti della Polizia locale di Reggio Calabria agli arresti domiciliari e altri sette agenti sospesi dall’esercizio del pubblico ufficio per 12 mesi. I militari della Guardia di Finanza hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale e interdittiva, nonché il sequestro preventivo di una depositeria giudiziaria autorizzata, iscritta all’albo prefettizio, per i reati di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, falso ideologico e violenza privata.

Le indagini dei finanzieri sono scattate dalla denuncia presentata nell’ottobre 2020 da un cittadino extracomunitario, venditore ambulante munito di regolare licenza, che aveva subito un furto di merce esposta in vendita da parte di due soggetti ignoti, poi risultati due agenti della polizia locale, entrambi finiti ai domiciliari, senza che compilassero e rilasciassero alcun tipo di verbale di sequestro amministrativo o di contestazione. Dall’analisi delle telecamere dei sistemi di video-sorveglianza i finanzieri hanno appurato la veridicità del racconto dell’ambulante, al quale i due agenti hanno lanciato la licenza esibita senza restituire la merce. Dalle indagini successive, coordinate dal procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e dal sostituto Alessia Giorgianni, è emerso come diversi altri appartenenti alla Polizia Locale (gli altri 7 agenti sospesi), nell’ambito dei servizi di contrasto all’abusivismo commerciale, sottraessero sistematicamente la merce esposta dai venditori ambulanti di origine extracomunitaria senza rilasciare verbali di sequestro amministrativo o altri atti, ma procedendo alla successiva pubblicazione, sull’Albo Pretorio del Comune, di verbali di rinvenimento di merce redatti nei confronti di soggetti ignoti.

Inoltre, i due agenti sottoposti ai domiciliari, per trarne guadagni illeciti avrebbero messo in piedi un sodalizio finalizzato alla ricerca di veicoli da rottamare, acquisire o cannibalizzare, insieme a tre soggetti, cui sono riconducibili due imprese operanti nel settore del soccorso e della rimozione di veicoli, una delle quali è una depositeria giudiziaria autorizzata – che è stata sottoposta a sequestro. In particolare, i due pubblici ufficiali, quando trovavano sulla pubblica via autovetture sprovviste della obbligatoria copertura assicurativa, anziché procedere alla contestazione delle violazioni del caso o alle operazioni di sequestro amministrativo, inducevano i proprietari dei veicoli, dietro la minaccia dell’irrogazione di salate sanzioni pecuniarie e a fronte della mancata contestazione delle violazioni, ad affidare gli automezzi ai rappresentanti di una delle due imprese, a turno. Questi ultimi, in accordo con i due agenti di Polizia Locale, dietro il pagamento di un corrispettivo di denaro in contanti, procedevano, successivamente, alle operazioni di rimozione e di rottamazione. In tal modo le due imprese traevano indebitamente vantaggio economico: l’una, autorizzata, i cui gestori operavano nelle vesti di incaricati di pubblico servizio, praticando prezzi di gran lunga superiori a quelli previsti dalla convenzione con il Comune, e omettendo integralmente di versare una percentuale degli indebiti introiti a titolo di canone concessorio (non esistendo alcuna verbalizzazione delle contravvenzioni rilevate dai pubblici ufficiali), e l’altra, riconducibile a un soggetto definitivamente condannato per associazione mafiosa, in totale assenza di qualsiasi legittimazione a intervenire in rimozione di veicoli per conto del Comune di Reggio Calabria. In altri casi, anche quando i contravventori riferivano di conoscere già dei conducenti di carroattrezzi di propria fiducia, i due agenti sponsorizzavano le due imprese coinvolte nel disegno criminoso, prospettando vantaggi e convenienze di vario genere. I due agenti facevano anche ricorso all’espediente di preavvisare i referenti delle imprese di rimozione, indicando preventivamente il luogo delle operazioni, in modo che potessero giungervi rapidamente. In tal modo i contravventori erano costretti a versare in ogni caso la somma prevista per il “diritto di chiamata”, che è dovuta anche se la rimozione non viene eseguita purché il carroattrezzi giunga entro venti minuti dalla chiamata. In diverse occasioni i due agenti addirittura chiedevano ai referenti delle imprese di rimozione se i veicoli fossero di loro gradimento, così da decidere in base alla risposta ricevuta se procedere effettivamente al sequestro amministrativo o meno. Talvolta l’interesse è risultato circoscritto a singole componenti degli autoveicoli, alimentando un vero e proprio business sui pezzi di ricambio: alcuni veicoli, difatti, sono stati concretamente cannibalizzati, con asportazione, presso officine “di fiducia” degli indagati, di pezzi da applicare ad autovetture loro o di amici. Laddove, invece, i due agenti della Polizia Locale si rendevano conto che i veicoli sanzionabili fossero riferibili a familiari di loro colleghi, si adoperavano per riferire la circostanza a questi ultimi, così da evitare di procedere con la verbalizzazione.

 

 

 

 

 

 

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