Proroga della Legge “Golfo Mosca” e democrazia paritaria, le riflessione della Consigliera di Parità della Provincia di Catanzaro
La proroga della cd. “Legge Golfo–Mosca” (n. 120 del 2011) è stata approvata in Commissione Finanze della Camera con un emendamento al dl Fiscale. Com’è noto, detta Legge (che prende il nome dalle due parlamentari prime sottoscrittrici) prevede che almeno un terzo dei membri eletti nei Consigli di Amministrazione debba appartenere al genere meno rappresentato. L’emendamento approvato proroga l’obbligo di applicare il criterio di riparto, previsto in materia di parità di genere, nei CdA, nei collegi sindacali delle società quotate e a controllo pubblico, da tre a sei mandati consecutivi. Nel dettaglio, quindi, la norma – che sarebbe andata ad esaurimento nel 2022- verrà applicata per altri tre rinnovi degli organi societari. Nel leggere la notizia – afferma la Consigliera di Parità della Provincia di Catanzaro avv prof. Elena Morano Cinque – mi è sovvenuto il titolo di un interessante convegno a cui partecipai qualche anno fa “Democrazia paritaria: diritto o conquista?”. Durante la mia relazione, ricordo che dissi che essa è certamente un diritto, ma che, come tale, nel momento in cui un diritto non è azionabile, è come se esso fosse inesistente. Ebbene, quelle parole, purtroppo, risuonano ancora oggi tristemente attuali. Intendo dire che, da una parte, la notizia in sé della proroga della legge, non può che rallegrare tutte le donne e certamente coloro che, come me, lottano da anni le pari opportunità: infatti, stando ai dati ufficiali, dal 2011, grazie a questa legge, la presenza di competenze femminili nei CdA è passata dal 6% al 33%, Dall’altra parte, però, se è stata necessaria una proroga della Legge, evidentemente è segno che in Italia, ancora oggi, il rispetto della parità di genere si ottiene soltanto attraverso la obbligatorietà di una norma. D’altronde, di cosa meravigliarsi? Proprio in Calabria, poi, specie alla luce della squallida vicenda della legge sulla doppia preferenza di genere bocciata in modo perfettamente bipartisan da un Consiglio Regionale dove siede una sola donna? No nessuna meraviglia.
Ricordo che, proprio all’indomani dell’approvazione della Legge oggi prorogata, Guido Alpa, grande giurista e allora Presidente del Consiglio Nazionale Forense, tuonò contro le cd “quote rosa che mortificavano la donna”. Ebbene, io fui e sono d’accordo con lui. Personalmente non amo le “quote” che assimilano le donne come agli “animali in via di estinzione” che come tali hanno bisogno di riserve. Al contrario, sono convita che la leadership al femminile debba imporsi per cambiamento culturale e non per imposizione legislativa. Tanto, poi, se il mutamento culturale non c’è, ma resta solo l’imposizione legislativa, l’esito è quello che tristemente (tranne le dovute ma rare eccezioni) è sotto gli occhi di tutti: ovvero ci sono molte donne nelle giunte, piuttosto che nei CdA che non hanno conquistato da sole quella posizione ma sono state “messe lì da un uomo” e, come tali, ovviamente a LUI devono rendere conto nello svolgimento del proprio lavoro. E purtroppo si vede!! E non si può proprio nascondere!!
Eppure….. c’è un eppure!! Nonostante tutto, le leggi che impongono meccanismi di riequilibrio di genere servono eccome!! Infatti, basti pensare alle democrazie nordiche!1 Esse sono state un esempio lampante di come – laddove il mutamento culturale da solo stentava ad attuarsi – sia stata assolutamente necessaria una norma legislativa che abbia “imposto” la presenza paritaria delle donne nei ruoli apicali. Poi, una volta che la norma ha aiutato (e probabilmente accelerato) il cambiamento culturale all’interno della società, ovvero quando la parità di genere si è compiuta ed è stata assimilata, ecco che allora la norma può essere abrogata.
Intanto noi donne dovremmo essere più incisive, coese e costanti nel rivendicare i nostri diritti e non limitarci ad unire le nostre forze solo in occasione di manifestazioni (pure utili) come quella del 25 novembre e dell’8 marzo. Ad esempio, dovremmo lottare unite per il diritto al lavoro: è dato acquisito, più volte dimostrato, che la maggiore presenza delle donne nel mercato del lavoro apporterebbe un innalzamento del PIL del 7%, Eppure, purtroppo oggi, non soltanto è ancora tremendamente alta la percentuale di disoccupazione femminile (specie al Sud dove tocca il 30%), ma è in aumento addirittura la percentuale di donne che il lavoro non lo cercano neanche più, chi per impedimenti familiari, chi solo perché scoraggiate. E questo poiché, nonostante i proclami della politica di ogni colore, continuano a rimanere irrisolte tutte le cause ostative all’incremento del lavoro femminile: l’assenza/ carenza di servizi, che ancora oggi rende difficile, quando non impossibile, la conciliazione del lavoro con la cura della famiglia; la mancanza/inefficienza di incentivi per l’auto impiego e l’autoimprenditorialità femminile. Il tutto, peraltro, nonostante i fondi appositamente stanziati sia a livello nazionale che comunitario. Penso – conclude la Consigliera Morano Cinque – che il vero mutamento culturale inizierà solo quando la parità di genere non sarà più una battaglia delle donne (anzi solo di alcune donne, purtroppo) ma diventerà una battaglia condivisa, di uomini e donne che si battono insieme per un futuro più equo. Auguro a me stessa e a tutte le donne, di riuscire a vivere questo mutamento culturale che renderà inutili ed obsolete tutte le previsioni normative volte al riequilibrio di genere.