Pino Masciari critica la Commissione centrale del Viminale: “Lo Stato come Ponzio Pilato con i testimoni di giustizia”

Pino Masciari critica la Commissione centrale del Viminale: “Lo Stato come Ponzio Pilato con i testimoni di giustizia”

Fino al 1997 Pino Masciari era uno dei più importanti imprenditori edili della Calabria, con cantieri in Italia e all’estero, poi ha deciso di dire basta alle richieste estorsive della ‘ndrangheta e alle sue denunce sono seguite pesanti condanne per boss e affiliati. Oggi vive in una località segreta con la sua famiglia, ha una scorta e partecipa a convegni e dibattiti sulla legalità. “Ma lo stato -dice all’Agi che lo ha contattato- si comporta con i testimoni di giustizia come Ponzio Pilato. Prima li sottopone al programma di protezione speciale, poi se ne lava le mani dopo i processi e le condanne”. Masciari contesta l’atteggiamento della commissione centrale del Viminale che gestisce i testimoni. In un lungo sfogo fatto pervenire ai giornali contesta la definizione di ex testimone di giustizia con cui negli atti pubblici viene definito. “Per tredici anni -scrive – ho vissuto nel programma speciale di protezione testimoni. La percezione del tempo per me e la mia famiglia è stata ancora più lunga, a causa delle limitazioni alle quali siamo stati sottoposti, e la fine del programma non ha cancellato quello che sono e sono stato. Eppure succede che in alcuni ambienti mi si definisca ex-testimone di giustizia. È un’assurdità – dice – Innanzitutto esiste ancora l’attualità delle mie denunce, come si evince dalla cronaca quotidiana, e poi soprattutto mi chiedo: “ex” indica la cessazione di uno stato, la fine di qualcosa, ma non mi risulta che si possa diventare ex-testimoni. La mia -aggiunge- è stata una scelta di vita, una scelta compiuta in nome della legalità e della libertà, per la quale ho stravolto il mio percorso lavorativo e familiare. Scegliere di testimoniare non è un lavoro o un’occupazione che hanno un inizio e anche una fine. È invece – precisa – un percorso interiore di consapevolezza e assunzione delle proprie responsabilità, dei propri doveri e dei propri diritti e non è dunque una condizione che può terminare. Si tratta di una scelta radicale, che orienta in modo permanente ciò che si è e ciò che si sarà, ponendo sotto una nuova luce anche ciò che si è stato. È lo stravolgimento di una vita. Non possono esistere ex-testimoni di giustizia! Questo è un linguaggio burocratico e impiegatizio che non può essere applicato ad una dimensione di così alto valore, alla coscienza, alla morale. L’umanità delle scelte che ho compiuto e per le quali ho lottato e continuo a lottare hanno poco a che fare con il burocratese! Se gli organi preposti smettessero di tentare di definire tutto con il bilancino e capissero il valore della vita umana e delle scelte compiute a difesa del bene comune – conclude – forse finalmente la società ne trarrebbe vantaggio”.

 

 

 

 

 

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