Tensioni post-Umbria, Zingaretti avverte Di Maio: “Spirito unitario o si va alle urne”

Le polveri del voto umbro si sono posate, ma le tensioni tra i due azionisti di maggioranza del governo non sembrano destinate ad arrestarsi. Sul tavolo, dopo l’Umbria, ci sono le urne in Calabria (manca però ancora la data del voto) e in Emilia Romagna (elezioni il 26 gennaio): due test che rischiano di essere deflagranti per l’alleanza di governo. Anche perché i segni di insofferenza di Nicola Zingaretti si fanno di giorno in giorno più acuti. Il segretario dem ripete di lavorare a un sistema largo di alleanze, in grado di contrastare l’onda della destra che rischia di travolgere anche l’Emilia Romagna. Stefano Bonaccini, presidente della Regione in carica, ha l’appoggio totale del segretario ma – stando alle parole di Di Maio – dovrà fare a meno di quello del Movimento 5 Stelle. Il leader dem non sembra comunque disposto ad attendere e, già dalla prossima settimana, schiererà i pesi massimi del partito nella regione rossa. Nel Partito Democratico, tuttavia, non sembrano in allarme. I parlamentari che lavorano alla campagna elettorale – già dalla prossima settimana il Pd si trasferirà armi e bagagli in Emilia – ostentano un certo ottimismo: il ‘No’ di Di Maio, fanno notare, assomiglia molto al ‘No’ che il capo del Movimento 5 Stelle pronunciò prima dell’accordo di governo e, più di recente, prima dell’accordo in Umbria. ‘No’ che si trasformano in ‘Sì’ dopo il voto su Rousseau. Strategia o meno, Zingaretti accusa il colpo e, ormai da giorni, è tornato ad avvertire gli alleati di governo, e non il solo Di Maio: o si lavora con spirito unitario o l’esecutivo non ha ragion d’essere. Torna, insomma, a materializzarsi lo spettro del voto. E, paradossalmente, l’unico a cui tornare alle urne farebbe comodo è lo stesso Zingaretti: vittoria o sconfitta, il segretario dem sarebbe finalmente nella condizione di rinnovare i gruppi parlamentari, ancora retaggio dell’era renziana, dando loro la propria impronta.
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