Scoperta a Roma una centrale del riciclaggio: tra i 67 indagati ci sono 7 calabresi
Diciotto misure cautelari, sequestro di beni per oltre 131 milioni di euro e 57 indagati. Sono i numeri di una vasta operazione della Direzione Investigativa Antimafia in corso su tutto il territorio nazionale su disposizione della Dda di Roma. Le 18 persone destinatarie dei provvedimenti disposti con un’ordinanza dal gip di Roma sono ritenute gravemente indiziate di far parte di due associazioni, con l’aggravante mafiosa, radicate in Roma e finalizzate alla consumazione di estorsioni, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego in attività economiche di proventi illeciti; reati aggravati dall’aver agevolato i clan di camorra Mazzarella – D’amico, le cosche della ‘ndrangheta Mancuso e Mazzaferro e il clan Senese. Le indagini hanno permesso di scoprire l’esistenza di una vera e propria centrale di riciclaggio, operante in Roma e con interessi in tutto il territorio nazionale. Oltre alle misure cautelari personali il gip ha disposto il sequestro preventivo di 3 società e per equivalente fino alla concorrenza della somma complessiva di euro 131.826.000, profitto dei reati, nei confronti dei 57 indagati, da eseguirsi sui beni nella loro disponibilità. Ci sono sette calabresi tra i 67 indagati dell’operazione Assedio della Dda di Roma che ha colpito le articolazioni nel Lazio dei clan della ‘ndrangheta Mancuso di Limbadi e Mazzaferro di Marina di Gioiosa Ionica, oltre ai Mazzarella D’Amico legati alla camorra. I vibonesi indagati sono: Andrea Betrò, 41 anni, di Pizzo, commercialista; Francesco Addesi, 33 anni, di Soriano Calabro; Antonio Cristofer Brigandì, 31 anni, di Vibo Valentia; Giuseppe Grillo, 58 anni, di Mileto; Sergio Gangemi, 50 anni, di Reggio Calabria; Nicolò Sfara, 30 anni, di Locri (Rc); Girolamo Audino, 61 anni, di Cittanova (Rc). Il reato di concorso in associazione mafiosa viene ipotizzato dalla Dda di Roma nei confronti di Andrea Betrò e Antonio Brigandì i quali si sarebbero associati con altri indagati per portare a termine operazioni inesistenti in materia tributaria e di accise, nonché “di estorsione, riciclaggio e autoriciclaggio e reimpiego in attività economiche di proventi illeciti provenienti dai clan della ‘ndrangheta Mancuso e Mazzaferro”. In particolare, Betrò avrebbe –secondo l’accusa– partecipato “all’associazione prendendo parte alle decisioni strategiche indicate da Antonio Brigandì per conto del clan Mancuso”. Francesco Addesi è invece accusato di concorso in riciclaggio in quanto avrebbe trasferito denaro contante (300mila euro) provento dei delitti del clan Mancuso in alcune società. Trasferimento fraudolento di valori è infine il reato ipotizzato nei confronti di Giuseppe Grillo. Nicolò Sfara avrebbe rappresentato invece la famiglia Mazzaferro a Roma, mentre agli altri due reggini (Gangemi e Audino) vengono contestati reati in materia societaria.