Operazione Aemilia: l’ascesa irresistibile del boss Grande Aracri
CROTONE. Un’irresistibile ascesa ai vertici della ‘ndrangheta calabrese quella di Nicolino Grande Aracri, 56enne di Cutro, parecchi dei quali trascorsi dietro le sbarre. Di Grande Aracri la magistratura comincia ad occuparsi già nei primi anni ‘90 quando milita attivamente nel clan che domina a Cutro ma che ha interessi anche in Emilia, capeggiato dal boss dell’epoca Antonio Dragone. Ma quando numerosi esponenti della cosca finiscono in carcere è Grande Aracri ad assumere il controllo delle diverse attività criminali sul territorio. Nel corso degli anni riesce a crearsi uno spazio autonomo nella gestione di attività illecite nella provincia crotonese ed a riguadagnare alla cosca il controllo dei traffici di sostanze stupefacenti in Emilia, elettivo terreno di interesse della consorteria, acquisendo così benemerenze tali da consentirgli di insidiare il ruolo egemone di Dragone. La sua “scalata al vertice” riceve un ulteriore impulso quando nel 1995 varie vicissitudini giudiziarie colpiscono i capi di quasi tutte le cosche operanti nel crotonese per cui Nicolino Grande Aracri assume “un ruolo di rappresentanza e garanzia degli interessi criminali dell’intera zona”, scrivono gli inquirenti. A questo punto i tempi sono maturi perché Grande Aracri prenda il posto che fu di Antonio Dragone con il quale i rapporti si deteriorano definitivamente allorquando nell’agosto del 1999 viene ucciso il figlio del vecchio boss, Raffaele Dragone. Quando poi nel 2004 lo stesso Dragone viene assassinato non ci sono più ostacoli alla sua ascesa. In quel periodo Nicolino Grande Aracri sta già scontando la condanna definitiva a 17 anni di reclusione, quattro dei quali trascorsi al regime del carcere duro previsto dall’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario, che gli sono stati inflitti nel processo “Scacco Matto” per associazione mafiosa e tentato omicidio; nel frattempo gli piovono sulla testa altre tegole, altre indagini, altri processi: dai quali, tuttavia, esce sempre assolto e il suo potere si consolida. Quando nel 2011 finita di scontare la condanna torna in libertà, si è da poco conclusa una guerra tra cosche del crotonese che ha lasciato sul terreno diversi morti. “Una guerra – ha commentato di recente il sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia Roberto Pennisi – vinta da Nicolino Grande Aracri”. Che ora si lancia alla conquista degli altri territori della Calabria. Nel crotonese ha ormai soppiantato il potente “locale” di Cirò, ma sotto il suo dominio sono finite anche le organizzazioni mafiose di Isola Capo Rizzuto, di Lamezia Terme, di Catanzaro, fino a Vibo e Cosenza. Per i magistrati della Dda di Catanzaro Grande Aracri costituisce il “punto di riferimento delle altre organizzazioni criminali, della medesima area geografica e di altre aree geografiche, calabresi e del Nord Italia, che a lui si rivolgono, nel corso di una serie di summit operativi presso luoghi nella sua disponibilità, diretta o indiretta, riconoscendogli l’autorità, oltre che la capacità, di mediazione e di intervento anche per la risoluzione di vicende di ‘ndrangheta locali”. E ancora “gestisce in prima persona tutte le attività illecite della cosca, in particolare le estorsioni e le attività conseguenti come il riciclaggio e l’intestazione fittizia di beni al fine di occultare gli illeciti guadagni; si preoccupa in prima persona della spartizione degli utili gestendo la “cassa comune”, e garantendo il sostentamento dei detenuti e delle rispettive famiglie… mira ad acquisire in modo diretto o indiretto la gestione e il controllo delle attività economiche del posto, tra cui le attività in ambito turistico, di raccolta di rifiuti e di produzione di energie alternative, nonché appalti e servizi pubblici”.