‘Ndrangheta in Emilia, arrestato anche il presidente del Consiglio comunale di Piacenza (servizio RTC)

‘Ndrangheta in Emilia, arrestato anche il presidente del Consiglio comunale di Piacenza (servizio RTC)

Sono 16 gli arresti e oltre 60 gli indagati nell’ambito dell’operazione denominata “Grimilde”, coordinata dalla Dda di Bologna e condotta dalla polizia nei confronti di una presunta organizzazione ‘ndranghetistica operante in Emilia, storicamente legata alla famiglia dei Grande Aracri di Cutro. In particolare 13 persone sono state sottoposte a misure cautelari in carcere e tre agli arresti domiciliari. A dodici persone destinatarie dei provvedimenti restrittivi, è contestata l’associazione di tipo mafioso. Il presidente del consiglio comunale di Piacenza, Giuseppe Caruso, è tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi. Secondo gli investigatori, Caruso appartiene al gruppo capeggiato da Salvatore Grande Aracri, Francesco Grande Aracri e Paolo Grande Aracri, considerati ai vertici del clan mafioso attivo, in base al quadro accusatorio, nelle province di Reggio Emilia Parma e Piacenza e sottoposti a provvedimenti restrittivi. Comunque nessun legame con l’attuale ruolo politico come presidente del Consiglio comunale di Piacenza c’è nei fatti contestati a Giuseppe Caruso. Lo ha chiarito il procuratore capo di Bologna, Giuseppe Amato, al termine della conferenza stampa in Questura. In particolare, i fatti contestati a Caruso risalgono a quando lo stesso era dipendente dell’Agenzia delle Dogane di Piacenza, dunque, prima della sua elezione in Consiglio comunale avvenuta nel 2017. “Il coinvolgimento personale di Caruso – ha spiegato Amato – è anteriore rispetto all’impegno politico ma comunque deve essere affermato con assoluta chiarezza che non c’è nessuna spendita di un ruolo pubblico nel compimento di queste attività che noi riteniamo penalmente rilevanti”. Secondo inquirenti ed investigatori Caruso avrebbe svolto un ruolo “importante” in attività che vedevano “questa associazione – ha concluso Amato – interessata ad un’azienda di riso che operava nel Mantovano”. “Questa è un’operazione che idealmente e materialmente rappresenta la prosecuzione del processo Aemilia. Dimostra che anche in questa regione non bisogna abbassare la guardia” ha detto inoltre il procuratore capo di Bologna.   Il riferimento del procuratore ad “Aemilia” sta a dire il più grande processo contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta mai celebrato nel nord Italia concluso con una storica sentenza: 125 condanne per oltre 1200 anni di carcere. Con la nuova operazione “abbiamo avuto conferma – ha spiegato Amato nel corso di una conferenza stampa in Questura a Bologna – della ‘ndrangheta in Emilia come associazione autonoma e autoctona che noi riteniamo di potere e dovere sempre contrastare. Questo territorio penso che abbia gli anticorpi per reagire ma essendo un territorio ricco e appetibile è certamente a rischio”.

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