‘Ndrangheta, inchiesta Rinascita-Scott frutto 6 anni lavoro Dda

‘Ndrangheta, inchiesta Rinascita-Scott frutto 6 anni lavoro Dda

Il processo “Rinascita-Scott”, scaturito dall’omonima operazione coordinata dalla Dda di Catanzaro, la cui udienza preliminare è fissata per l’11 settembre prossimo nell’aula bunker del penitenziario di Rebibbia a Roma, è frutto dell’inchiesta per mafia più poderosa mai portata a termine in Italia dopo il maxiprocesso a Palermo contro Cosa Nostra istruito da Giovanni Falcone. Ben 456 le persone per le quali è stato chiesto il rinvio a giudizio. Un’indagine condotta sul campo dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo e dai Ros di Catanzaro e Roma, coordinati dal procuratore Nicola Gratteri e dai pm Camillo Falvo (nel frattempo divenuto procuratore di Vibo), Antonio De Bernardo, Andrea Mancuso e Annamaria Frustaci.

L’inchiesta è il frutto di sei anni di lavoro investigativo ed ha colpito le principali “locali” di ‘ndrangheta del Vibonese (i Mancuso di Limbadi, i Lo Bianco-Barba-Pardea di Vibo, i Fiarè-Razionale-Gasparro di San Gregorio d’Ippona, gli Accorinti di Zungri, i Bonavota di Sant’Onofrio, i La Rosa di Tropea, i Cracolici di Maierato, i Barbieri di Cessaniti, i Mazzotta di Pizzo ed i Soriano di Filandari) portando in carcere il 19 dicembre dello scorso anno pure avvocati (Giancarlo Pittelli, ex parlamentare, e Francesco Stilo), carabinieri e poliziotti infedeli, impiegati del Tribunale di Vibo, imprenditori e politici come l’ex sindaco di Pizzo, Gianluca Callipo, e l’ex consigliere regionale del Pd Pietro Giamborino.  Un lavoro investigativo enorme che ha portato anche allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Pizzo Calabro ed acceso i “riflettori” anche su diversi altri Comuni come Vibo Valentia e Zungri. Un secondo troncone dell’inchiesta – che ha portato il numero degli indagati complessivi a 479 di cui 23 posizioni sono state stralciate – è scattato il 18 giugno scorso all’atto della conclusione delle indagini preliminari, con un nuovo blitz che ha colpito gli affari dei clan vibonesi nel narcotraffico internazionale.

Fra gli indagati del secondo troncone figurano anche Pino Bonavita, 74 anni, presunto boss di Briatico (Vv) ed il figlio Armando Bonavita, 41 anni, entrambi accusati di aver preso parte ad un traffico di droga. Quindi, fra i nuovi imputati, alcuni componenti del clan Lo Bianco di Vibo Valentia rimasti fuori dalla prima parte delle indagini, diversi narcotrafficanti albanesi, Leonardo Vacatello di Vibo Marina e alcuni siciliani che avrebbero trafficato cocaina e marijuana con i vibonesi. Fra gli imputati anche l’assistente del Tribunale di Vibo Danilo Tripodi, l’ex comandante della polizia municipale di Vibo Valentia, Filippo Nesci, il dentista di Limbadi Agostino Redi, i carabinieri Giorgio Naselli e Antonio Ventura, il notaio Sapienza Comerci, l’ingegnere ed ex assessore comunale di Vibo Francesco Basile, il fratello Paolo Basile (commercialista), gli imprenditori Vincenzo Renda (che è anche avvocato del Foro di Vibo), Gianfranco Ferrante (accusato anche della scomparsa per “lupara bianca” del figlio del boss di Vibo Carmelo Lo Bianco), Antonino Delfino, Mario ed Umberto Artusa (attivi nel settore dell’abbigliamento).

L’inchiesta fotografa lo spaccato criminale e l’evoluzione dei clan della ‘ndrangheta del Vibonese negli ultimi 30 anni con solidi rapporti con il “Crimine” reggino di San Luca. Fondamentali le intercettazioni ambientali e telefoniche ma anche le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia. Su tutti i collaboratori Andrea Mantella, ex capo del clan lo Bianco di Vibo, Raffaele Moscato del clan dei Piscopisani, Emanuele Mancuso, figlio del boss Pantaleone Mancuso detto l’Ingegnere, e Raffaele Moscato, indicato come ex killer del clan dei Piscopisani. Il processo – al termine dell’udienza preliminare a Roma – si terrà dinanzi alla Corte d’Assise di Catanzaro (vengono infatti contestati diversi omicidi) che si sposterà nell’aula bunker che si sta cercando di allestire nella zona industriale di Lamezia Terme in una grande area di proprietà della Regione Calabria.

 

 

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