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Reggio Calabria, beni per 40 milioni confiscati a 3 imprenditori

Reggio Calabria, beni per 40 milioni confiscati a 3 imprenditori

Beni per 40 milioni di euro sono stati confiscati a tre imprenditori reggini due dei quali, Michele Surace, di 65 anni, e Andrea Francesco Giordano (71), condannati in primo grado nel processo “Monopoli” per associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori. Il terzo, Giuseppe Surace (42), sempre in primo grado, è stato condannato a 2 anni e 2 mesi di reclusione per trasferimento fraudolento di valori senza l’aggravante mafiosa. La sentenza è del dicembre 2021. A distanza di meno di un anno si è concluso anche il procedimento davanti alla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria che, su richiesta della Dda guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, ha disposto la confisca dei beni sequestrati ai tre. I sigilli sono stati applicati all’intero compendio aziendale di 10 imprese attive nei settori edile, immobiliare, del commercio al dettaglio di generi di monopolio e ludico, a 49 immobili, quote di partecipazione al capitale di ulteriori 10 società, 38 tra terreni e fabbricati, beni mobili, nonché disponibilità finanziarie. Un impero e una posizione imprenditoriale che, secondo le indagini, sarebbero stati consolidati da Surace e Giordano dalla fine degli anni ’80 al 2017 grazie al sostegno di storiche cosche di ‘ndrangheta come quella dei Tegano di Archi. Nell’inchiesta, coordinata dai pm Stefano Musolino e Walter Ignazitto, è emerso infatti un sistema di cointeressenze criminali coltivate dagli imprenditori che, sfruttando l’appoggio di famiglie mafiose, sarebbero riusciti ad accumulare, in modo illecito, enormi profitti riciclati in fiorenti e diversificate attività commerciali. Le indagini di carabinieri e guardia di finanza avevano portato all’arresto dei tre. Sul fronte patrimoniale, gli investigatori hanno rilevato che in oltre 30 anni il valore del patrimonio direttamente ed indirettamente nella disponibilità degli imprenditori è risultato sproporzionato rispetto alla loro capacità reddituale. Il provvedimento segue la confisca dei beni dello scorso agosto nei confronti di un altro imprenditore edile reggino, Carmelo Ficara, coinvolto nella stessa inchiesta e al quale sono stati applicati i sigilli a un patrimonio di oltre 160 milioni di euro.

 

La Dda: commistione di interessi tra cosche e imprenditoria

“È la commistione di interessi tra ‘ndrangheta e imprenditoria, che spesso si alimentano e rafforzano a vicenda, che avvelena il tessuto sociale ed economico”. È quanto scrivono gli inquirenti nell’operazione ‘Monopoli’ eseguita dai carabinieri nel 2017, il prodromo del provvedimento di confisca che ha colpito oggi gli imprenditori Andrea Giordano, Michele e Giuseppe Surace. L’inchiesta della Dda, condotta da Giovanni Bombardieri, ha ‘spogliato’ gli ingenti patrimoni immobiliari a disposizione delle cosche Tegano e De Stefano, tra le più potenti e temute d’Italia. I giudici hanno disposto misure di prevenzione per il loro trasferimento allo Stato. Gli approfondimenti investigativi svolti dai carabinieri hanno permesso di ricostruire le fortune del duo imprenditoriale Surace-Giordano, costruite sull’edilizia residenziale. Verso la fine degli anni ’90 i due hanno realizzato il complesso residenziale ‘Mary Park’, che ha ospitato i locali dell’unica sala Bingo cittadina e numerose villette a schiera, in cui era stata riservata la disponibilità di un appartamento a Giuseppe Tegano, fratello del defunto boss Giovanni Tegano. È questa vicinanza, secondo i magistrati antimafia, che ha garantito agli imprenditori ricchezza e successo. I Surace e Giordano, sono così diventati -secondo le indagini-   “tassello fondamentale del sistema di riciclaggio e reinvestimento dei proventi illeciti della famiglia Tegano”. Gli imprenditori, sentendosi sotto scacco, hanno iniziato nel tempo manovre societarie delle loro imprese per sottrarle alla scure della Rognoni-La Torre.

 

 

 

 

 

 

 

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