Ndrangheta, colpo alla “mafia dei boschi” con arresti e sequestri
Trentuno persone arrestate – di cui 27 in carcere e 4 ai domiciliari – e beni del valore di circa 16 milioni di euro – fra cui una centrale energetica a biomasse e aziende boschive delle province di Crotone e Cosenza – sequestrati. E’ il bilancio dell’operazione coordinata dalla Dda di Catanzaro ed eseguita stamane dai Carabinieri contro persone legate alla “locale” di ‘ndrangheta di Mesoraca (Kr). Fra i destinatari di misure cautelari, oltre ad esponenti storici della ‘ndrina locale come Mario Donato Ferrazzo, figura l’imprenditore del legname Carmine Serravalle, titolare della centrale a biomasse di Cutro, ceduta nel 2015 dal gruppo Marcegaglia. La Serra Valle Energy, impresa sotto la cui denominazione ricade ora la centrale di Cutro, è fra i beni sequestrati. La cosca Ferrazzo di Mesoraca avrebbe gestito in regime di monopolio il trasporto di legname dal porto di Crotone, dove veniva scaricato dalle navi, fino alla centrale di Cutro.
Lungo l’elenco di reati contestati a vario titolo agli indagati: associazione per delinquere di matrice mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, truffa ai danni del Gestore del Servizio Energetico nazionale (GSE), truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, indebita percezione di queste ultime, omessi controlli e vigilanza sulle attività d’impresa, turbata libertà degli incanti, concessione di sub appalti senza autorizzazione, frode in pubbliche forniture. E ancora: falso in atto amministrativo, illecita concorrenza in attività commerciale, intestazione fittizia dei beni, furto aggravato, associazione per delinquere finalizzata al traffico, alla produzione ed allo spaccio di sostanze stupefacenti, con l’aggravante di essere un’associazione armata.
Le misure emesse dal Gip presso il Tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale Dda, sono state eseguite dai carabinieri del comando provinciale di Crotone, unitamente a quelli del Ros e del Nipaf di Cosenza. L’ordinanza comprende le risultanze investigative raccolte dai reparti dell’Arma in un arco temporale compreso tra gli anni 2014 e il 2022, coordinate e dirette dalla Dda di catanzaro, nei confronti della “Locale” di ‘ndrangheta di Mesoraca (KR).Iintercettazioni, acquisizione di documenti e contributi di collaboratori di giustizia avrebbero permesso di ricostruire l’operatività della consorteria mafiosa ed i collegamenti con le omologhe organizzazioni criminali delle province di Crotone, Reggio Calabria e Cosenza. Tra i reati emersi, quelli estorsivi ai danni di imprenditori e commercianti, l’illecita concorrenza nell’attività commerciale e la turbativa di incanti pubblici oltre che il narcotraffico, posto in essere attraverso il controllo delle piazze di spaccio di droga dei comuni di Mesoraca (KR) e Petilia Policastro (KR).
Accanto a queste attività criminali più tradizionali, gli inquirenti avrebbero individuato interessi dell’organizzazione nell’imponente indotto economico costituito dall’area boschiva silana delle province di Crotone e Catanzaro. Alcuni degli esponenti del sodalizio risultano titolari di aziende di settore che operano nel taglio e nella lavorazione del materiale legnoso, da conferire, successivamente, alle centrali a biomasse, presenti nella provincia di Crotone ed in particolare a quella di Cutro (KR) .E’ su questo filone che hanno trovato una convergenza le indagini condotte dal Ros e dal Nipaf di Cosenza a seguito delle risultanze ottenute nel corso dell’operazione denominata “Stige” in relazione agli interessi della “Locale” di ‘ndrangheta di Cirò (KR) nel settore dello sfruttamento del patrimonio boschivo silano.
In particolare, attraverso il contributo dei collaboratori di giustizia, corroborato da indagini tecniche, le indagini si sono concentrate su personaggi ritenuti contigui alla “Locale” di Mesoraca (KR), che avrebbero aderito a una associazione per delinquere finalizzata all’attività organizzata del traffico illecito di rifiuti ed alla frode al Gestore del servizio elettrico nazionale.
Gli indagati, secondo l’accusa, operavano in regime di sostanziale monopolio, al fine di perpetrare in maniera sistematica operazioni di taglio boschivo non autorizzate, difformi e comunque pericolose per l’ambiente, conferendo nelle centrali a biomassa dislocate nel territorio regionale legname di qualità non in linea con gli standard di legge. Veri e propri rifiuti. Le condotte illecite, favorite anche dal contributo di tecnici agronomi, operatori e funzionari delle centrali biomassa a cui spettava il controllo della qualità del prodotto conferito e della regolarità delle documentazioni di accompagnamento, garantivono un ingiusto profitto non solo per le imprese boschive collegate alle organizzazioni criminali, ma anche per le società titolari delle centrali che percepivano indebitamente incentivi maggiorati e basati su conferimenti di prodotto legnoso effettuati in difformità della normativa vigente del settore.