Il latitante Pasquale Bonavota arrestato a Genova mentre prega in chiesa

Lo hanno bloccato mentre stava pregando nella chiesa di San Lorenzo, la cattedrale di Genova, seduto su una panca. Quando i carabinieri si sono avvicinati e gli hanno intimato di seguirli, lui è apparso “spaventato e sorpreso”, poi ha confermato la sua identità, si è alzato e si è fatto scortare fuori. E’ finita così la latitanza di Pasquale Bonavota, di 49 anni, ritenuto il boss dell’omonima cosca operante a Sant’Onofrio, nel vibonese, ma con strutture ben radicate in Liguria, Piemonte e Lazio. Il suo nome era inserito tra i quattro superlatitanti nell’elenco dei ricercati di massima pericolosità facenti parte del “programma speciale di ricerca” del Viminale. I carabinieri lo cercavano dal dicembre 2019, quando sfuggì all’arresto nell’operazione Rinascita-Scott che ha decapitato le cosche vibonesi con 334 arresti. Era l’unico ancora latitante dell’inchiesta Rinascita-Scott. Con un lavoro minuzioso, gli investigatori sono riusciti a restringere il cerchio a Genova. Qui i carabinieri hanno iniziato a seguire alcune utenze telefoniche e ne hanno individuata una che sembrava la più promettente e che copriva un’area circoscritta che comprendeva anche la Cattedrale. Così è scattato il dispositivo. Il covo di Bonavota è stato individuato in una casa nel quartiere di San Teodoro, sulla collina alle spalle del porto, affittata tramite un’agenzia. In città vive anche, ma a Sampierdarena, la moglie, insegnante che pare non avesse contatti diretti con lui. I carabinieri hanno sequestrato alcuni documenti di identità intestati a persone su cui verranno fatti accertamenti oltre a 20 mila euro e diverso materiale. Trovati anche una decina di telefoni cellulari con schede sim intestate a stranieri e abbonamenti per i mezzi pubblici. Un plauso all’Arma è giunto dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e dal Procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri. Un lavoro di ricerca -è stato il commento di Gratteri- portato avanti grazie ad anni “di collaudata sinergia tra il Ros e la Dda di Catanzaro e che conferma l’indispensabilità delle intercettazioni, senza le quali non saremmo arrivati alla cattura del boss”.