Favorirono la latitanza del boss Pelle: otto arresti della Squadra Mobile di Reggio

Otto persone arrestate con l’accusa di aver favorito e coperto la latitanza del boss Giuseppe Pelle, catturato nell’aprile 2018. E’ il bilancio di un’operazione condotta dalla squadra mobile della Questura di Reggio Calabria, in esecuzione di un’ordinanza di misure cautelari emessa dal gip. Tra gli arrestati anche la moglie, i figli, il genero e un nipote di Pelle: agli indagati vengono contestati, allo stato del procedimento in fase di indagini preliminari, i reati di procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale, con l’aggravante mafiosa. Le misure cautelari emesse dal Gip presso il Tribunale di Reggio Calabria riguardano la moglie del boss, Marianna Barbaro, di 55 anni; i figli Antonio, Francesco ed Elisa di 35, 22 e 35; il genero Giuseppe Barbaro di 36, il nipote Antonio Pelle di 36. Gli altri arrestati sono Giuseppe Morabito di 61 anni e Girolamo Romeo di 43. Grazie alla loro complicità, Pelle si sarebbe sottratto all’arresto fino al 2018, eludendo i controlli delle forze di Polizia e incontrando frequentemente la consorte. Il nome dell’operazione è legato al fatto che il boss si spostava a bordo di un Defender, protetto da una rete di sorveglianza fatta di staffette e vedette. Il provvedimento cautelare scaturisce dalle indagini relative alla ricerca del boss dell’omonima cosca di ‘ndrangheta di San Luca, che, nell’aprile del 2016, si era sottratto all’esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dalla procura generale di Reggio Calabria, in base al quale doveva scontare una pena residua di 2 anni, 5 mesi e 20 giorni di reclusione per associazione mafiosa. Durante la latitanza, Pelle era stato anche destinatario di un decreto di fermo – poi tramutato in ordinanza di custodia cautelare in carcere – per il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, nonché per turbata libertà degli incanti ed illecita concorrenza, sempre aggravati dal metodo mafioso: per queste ultime vicende Giuseppe Pelle è stato condannato in primo grado a 18 anni e mezzo di reclusione e, nello stesso procedimento, risulta coinvolto anche il figlio Antonio, condannato in primo grado a 14 anni e 8 mesi per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Protetto da una rete di fiancheggiatori prevalentemente a carattere familiare, Pelle venne catturato, dopo due anni di latitanza, in un appartamento di contrada Pistaria a Condofuri, all’interno di un immobile di proprietà della mamma di uno degli indagati.
Vedette e covi, così il latitante incontrava spesso la moglie
Giuseppe Pelle, il boss della ‘ndrangheta arrestato il 6 aprile 2018 dopo una lunga latitanza, incontrava frequentemente la moglie nonostante fosse ricercato dalle forze dell’ordine. E’ quanto emerge dagli atti dell’indagine che stamane ha portato all’arresto di 8 persone per favoreggiamento nei suoi confronti. Proprio grazie all’efficiente rete di protezione messa in piedi dai suoi congiunti più stretti, Pelle vedeva la moglie Marianna Barbaro, figlia di Francesco Barbaro, morto il 1 novembre 2018, ritenuto il capo della ‘ndrina dei “Castanu”, condannato alla pena dell’ergastolo. Prima della cattura, a Condofuri, come emerso dalle indagini, Pelle aveva trascorso la sua latitanza spostandosi tra San Luca e Platì, in un immobile non lontano da quello della figlia Elisa, con la quale sarebbe stato in contatto. Proprio in occasione di uno di questi spostamenti, nel settembre 2016, Pelle era risuscito a sfuggire alla cattura grazie ad un servizio di staffetta organizzato dal genero Giuseppe Barbaro e dal nipote Antonio Pelle, 36 anni, mentre si trovava a bordo dell’auto con il figlio Antonio Pelle, di 35 anni. Dopo la mancata cattura, i parenti ed i fiancheggiatori di Pelle adottarono condotte ancora più accorte per eludere le indagini, senza che ciò impedisse alla moglie di incontrarlo periodicamente proprio con l’aiuto dei figli e del genero Giuseppe Barbaro. La donna veniva trasportata in orario notturno, effettuando diverse soste durante il percorso tra le località di Natile, Careri e Bovalino e cambiando, durante il percorso, l’auto a bordo della quale viaggiava. Ma il sistema di monitoraggio messo in atto dal gruppo investigativo addetto alle ricerche del latitante consentì agli inquirenti di individuare la località dove il boss poteva aver trovato rifugio, ossia l’abitato di Condofuri. Le indagini si concentrarono su Girolamo Romeo, 43 anni, e sul cognato Giuseppe Morabito, residente in contrada Pistaria di Condofuri, dove, attraverso telecamere appositamente posizionate, agli inizi di aprile, fu accertata la presenza del latitante. Dai controlli emerse che il boss, all’alba di ogni giorno, precauzionalmente abbandonava il covo, passando la giornata all’aperto in contrada “Mazzabarone” di Condofuri dove Giuseppe Morabito e Girolamo Romeo gestivano un’azienda agricola ed un allevamento di bestiame, facendo poi rientro in contrada Pistaria solo in tarda serata, per cenare e trascorrere poche ore di sonno. Anche il trasferimento dal covo alla campagna era preceduto da una preliminare bonifica del percorso, che Giuseppe Morabito effettuava a bordo di una Ford Fiesta, per poi trasportare il latitante a bordo di un fuoristrada Defender. Acquisiti i riscontri necessari, il 6 aprile 2018 la Polizia di Statofece nell’appartamento di contrada Pistaria, ponendo fine alla latitanza di Pelle.