Mons. Bertolone: “Ancora tante le porte chiuse dall’egoismo”

CATANZARO. Nell’Anno giubilare della Misericordia, in occasione della “Giornata mondiale della Vita Consacrata”, che si celebra il 2 febbraio, l’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace mons. Vincenzo Bertolone, presidente della Cec, ha indirizzato ai religiosi e alle religiose una lettera, per condividere l’impegno solenne di vivere la comunione, riscoprendo l’unica chiamata nella diversità delle forme. Il testo è stato consegnato nella Cattedrale di Catanzaro dall’arcivescovo Bertolone che ha presieduto la celebrazione nella festa della “Presentazione al Tempio di Gesù”, conosciuta come “Candelora”, poiché si benedicono le candele, simbolo di Cristo “luce per illuminare le genti”. “Giova corroborare il nostro ruolo e la nostra presenza – scrive mons. Bertolone – lungo il cammino del grande Giubileo della Misericordia, che affida, a tutti noi consacrati, il mandato specifico della nostra vocazione: essere dei volti con i lineamenti della tenerezza e della misericordia del Padre; essere testimoni e costruttori di una fraternità autenticamente vissuta, in collaborazione con le Chiese diocesane, nelle quali i nostri Superiori ci hanno destinato a nome di Dio”. Se in ogni realtà diocesana sono state aperte diverse Porte sante mons. Bertolone evidenzia anche come tuttavia tante porte sono ancora chiuse a causa dell’egoismo e dell’indifferenza. “Sorelle e fratelli consacrati – scrive il Presule – noi, pur avendo ciascuno la nostra dimora, viviamo tendenzialmente in comunità o fraternità: ma quante volte gli altri che condividono con la dimora il nostro stesso credo, finiscono con il rappresentare non un’occasione di gioia ma di sopportazione. Dio non voglia che le porte dei nostri cuori puri, poveri e obbedienti restino chiuse all’azione potente dello Spirito Santo; Dio non voglia che i nostri cuori rimangano impermeabili alle richieste di chi battezzerà in Spirito Santo e fuoco! Ogni nostro cuore ed ogni nostra dimora siano dunque aperti e accoglienti, a partire dalla “casa di Gesù”, che è la Chiesa”. Dinanzi a tanta indifferenza mons. Bertolone pone diversi interrogativi ai religiosi: “Come addolcire, prima degli altri credenti e persone di buona volontà, il nostro cuore, chiedendo perdono a Dio e ai fratelli dei nostri errori? Come addolcire i cuori degli altri, cui siamo mandati come confessori, come predicatori, come insegnanti, come catechisti e catechiste, come consiglieri spirituali? Ci potremmo, forse, trovare, come i discepoli di Emmaus, a parlare di ciò che sta accadendo, delle speranze disattese, delle illusioni, della rarefazione delle vocazioni di speciale consacrazione, di quanto sia gravoso assumere impegni e incarichi (quali, ad esempio, amministrare case sempre meno abitate) e tanto altro ancora. Sono i problemi dei nostri luoghi di contemplazione, dei nostri conventi e della nostre comunità. In tutto questo, che pure va soppesato e affrontato a occhi aperti e con decisioni condivise da parte di chi ha la responsabilità di decidere, bisogna comunque far posto al ‘divino viandante’. Egli è l’unico in grado di offrire una visione nitida e globale ai nostri occhi miopi e ci invita a leggere, ‘ruminare’ ed interiorizzare le Sacre Scritture e nella loro luce individuare i segni dei nostri tempi”. Mons. Bertolone, ringraziando gli Ordini, le Congregazioni e gli Istituti per la preziosa opera missionaria e di evangelizzazione a servizio dell’umanità spesso in crisi in un mondo sempre più in cambiamento, ribadisce ancora una volta, che “per un’intensa e profonda vita spirituale, per un’effettiva incidenza dei religiosi nel corso dell’anno giubilare, bisogna ritornare alla preghiera (soprattutto eucaristica), all’entusiasmo del cammino verso una più alta perfezione: tendere alla testimonianza radicale, al martirio, al silenzio, all’ascesi, all’esercizio delle virtù, alla vita fraterna, al distacco dai sensi e dai beni effimeri, naturalmente nel contesto storico in cui si vive, nella realtà mondiale, italiana, meridionale, in cui ci troviamo. Gli altri – afferma Mons. Bertolone – dovranno poter dire di ognuno di noi, di ogni comunità religiosa, piccola o grande: ‘Guarda come si amano’, ‘Quella casa è una piccola Betania’”.

 

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