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Migranti nella Piana di Gioia Tauro: una “polveriera” pronta a esplodere

Migranti nella Piana di Gioia Tauro: una “polveriera” pronta a esplodere

E’ la piana di Gioia Tauro il punto “caldo” dell’immigrazione in Calabria. Vi lavorano, secondo stime della prefettura, 1.500 persone, tutte provenienti dall’Africa, impegnate nelle aziende agricole della zona nella raccolta degli agrumi, delle olive o dei pomodori secondo la stagione, in cambio di pochi euro al giorno. Si tratta di una polveriera sempre pronta a deflagrare a causa delle condizioni in cui i lavoratori vivono, sebbene la situazione sia recentemente migliorata con l’allestimento, a San Ferdinando, di una nuova tendopoli in sostituzione della precedente, installata dopo la rivolta del 2010. Nella notte fra il 7 e l’8 gennaio, centinaia di immigrati devastarono Rosarno quando qualcuno sparò contro due di loro, rimasti feriti. I migranti, ospitati in una fabbrica in disuso in condizioni di estremo degrado, si riversarono per le vie del centro, armati di bastoni ed armi contundenti improvvisate, devastando centinaia di auto e incendiando cassonetti dei rifiuti. Un bambino, che si trovava nell’auto con i genitori, rimase ferito leggermente a un orecchio dalla scheggia di un vetro infranto, mentre una donna fu colpita alla testa lungo la statale 18 durante un altro assalto. La Polizia tentò di fronteggiare la protesta e si scontro con i rivoltosi che fecero partire contro gli agenti una fitta sassaiola. Diversi furono i contusi. Fu una notte di fuoco. La tensione aumentò quando un gruppo di cittadini rosarnesi scese in piazza per protestare a sua volta contro gli extracomunitari. Solo grazie alla mediazione delle istituzioni tornò la calma, con l’impegno di migliorare le condizioni dei braccianti. L’altro episodio risale al 27 gennaio scorso. Un vasto incendio provocò la morte di una giovane donna nigeriana, Becky Moses, ed il ferimento di altre due persone. Nell’aprile scorso è stata arrestata una donna, che tentava di lasciare l’Italia: sarebbe stata lei a commissionare l’incendio a persone ancora sconosciute per consumare una vendetta dovuta motivi passionali. Due anni prima, l’8 giugno 2016, un carabiniere intervenuto per sedare una rissa nella tendopoli di San Ferdinando sparò e uccise un migrante che lo aveva aggredito con un coltello ed anche in quella circostanza la situazione rischiò di degenerare.

 

 

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