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La Consulta: non è sempre punibile chi agevola il suicidio assistito

La Consulta: non è sempre punibile chi agevola il suicidio assistito

È “non punibile”, a “determinate condizioni”, chi “agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Questa è l’attesa sentenza, sancita dalla Corte Costituzionale, sulla questione di legittimità dell’articolo 580 del codice penale sollevata nell’ambito del processo a Marco Cappato (foto) per il suicidio assistito di Dj Fabo. La Corte – si legge nella nota diramata stasera da Palazzo della Consulta in attesa del deposito della sentenza che avverrà nelle prossime settimane – ha “subordinato la non punibilità al rispetto delle modalita’ previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua” (il riferimento è agli articoli 1 e 2 della legge 219/2017 in materia di consenso informato e Dat) e “alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Ssn, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente”.  Nel pomeriggio era intervenuta anche l’Associazione Luca Coscioni ​attraverso le parole del dirigente Mario Riccio, medico di Piergiorgio Welby che aveva voluto ribadire come “in riferimento a quanto si legge oggi sulla richiesta di alcune associazioni mediche che si dicono pronte all’obiezione di coscienza è giusto chiarire che nessuno – né tantomeno un medico favorevole alla morte medicalmente assistita come me – vuole imporre a qualcuno l’obbligo professionale di praticarla, ma vogliamo solo garantire al paziente quello che in tanti medici riteniamo essere un suo diritto”.

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