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Italiani alle urne per la prima volta in autunno

Italiani alle urne per la prima volta in autunno

 

Tornano le urne per gli italiani, chiamati al rinnovo del Parlamento per la prima volta nella storia della Repubblica in autunno. Dal 1948 ad oggi, le elezioni politiche si sono svolte sempre nei primi sei mesi dell’anno, quasi sempre in primavera e comunque mai oltre giugno. Le prime date utili per il voto sono tra il 18 settembre e il 25 settembre, quest’ultima coincide con la vigilia di Rosh haShanah, il capodanno ebraico, ma -come ha chiarito l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane- non pone ostacoli: la solennità, che inizia la sera, consente ai fedeli di religione ebraica di esercitare il proprio diritto al voto nelle ore precedenti. L’alternativa per le urne restano gli inizi di ottobre. Saranno comunque ‘elezioni politiche anticipate’, cioè prima della normale conclusione della legislatura, per la nona volta nella storia della Repubblica: è già capitato nel 1972, ’76, ’79, ’83, ’87, ’94, ’96 e nel 2008. Visto che le ultime due legislature prima di questa si erano concluse regolarmente dopo 5 anni. Per quanto riguarda la scelta di una data, l’altro unicum per le Politiche ha riguardato il mese di febbraio: si sono svolte una sola volta nel 2013, all’epoca le percentuali di consenso più alte le ottenne la coalizione di centrosinistra e l’affluenza fu del 75%. In generale, l’ultima votazione a ottobre – che però non ha riguardato l’elezione del Parlamento e quindi tutti gli italiani – si è svolta lo scorso anno per le amministrative in diversi Comuni e per le Regionali in Calabria. Le votazioni nazionali, di qualsiasi tipo, invece si sono raramente svolte in autunno o in inverno. Anche le Europee si sono sempre tenute nel primo semestre dell’anno (sette volte a giugno e le ultime due volte a maggio). Quanto ai referendum, si sono svolti solo quattro volte nel secondo semestre: a settembre nel 2020 con il quesito sulla riduzione del numero dei parlamentari, a dicembre nel 2016 ed ebbero a oggetto la cosiddetta riforma Renzi-Boschi sulla modifica della seconda parte della Costituzione, a ottobre nel 2001 per la modifica al titolo V della Costituzione e infine a novembre nel 1987, quando i votanti furono chiamati a decidere, tra i quesiti, sulla responsabilità civile del giudice e sulla collocazione di centrali nucleari. Quasi sempre anche alle Regionali si è votato nei primi sei mesi dell’anno e, quando per questa tornata si è verificata l’eccezione di urne tra ottobre e dicembre, le elezioni hanno riguardato al massimo tre Regioni. Solo per le amministrative, in varie zone d’Italia si è votato in quasi tutti i mesi dell’anno tranne che ad agosto che allo stato resta l’unico mese in cui le urne sono sempre rimaste chiuse.

 

Collegi: 221 sono uninominali, 367 plurinominali

Sono stati definiti con un decreto del 2020 i collegi elettorali in cui è divisa l’Italia e che daranno forma al nuovo Parlamento dopo la caduta del governo Draghi. Il decreto legislativo numero 177 del 23 dicembre del 2020 – “Determinazione dei collegi elettorali uninominali e plurinominali per l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica” – si è infatti reso necessario per ridisegnare i collegi dopo le modifiche introdotte con la legge costituzionale del 19 ottobre 2020 che ha ridotto il numero dei parlamentari da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori elettivi. Con la nuova norma i collegi uninominali, quelli che vengono assegnati con il sistema maggioritario, sono 221 (147 alla Camera e 74 al Senato) mentre quelli plurinominali sono complessivamente 367 di cui 245 alla Camera e 122 al Senato. A questi si aggiungono i 12 collegi riservati ai deputati e ai senatori eletti all’estero (8 alla camera e 4 al senato). 600 parlamentari in tutto. Se si fosse votato nel 2023, a scadenza naturale della legislatura, il decreto avrebbe dovuto essere modificato: entro la fine dell’anno sarà infatti ‘bollinato’ l’ultimo censimento del 2021 e questo avrebbe comportato piccoli interventi sui collegi per aggiornarli ai nuovi dati della popolazione. Andando a votare nel 2022, però, il problema non si pone e il decreto verrà rivisto in occasione delle elezioni successive.

 

 

 

 

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