Il procuratore Pierpaolo Bruni si è insediato a Santa Maria Capua Vetere

Il procuratore Pierpaolo Bruni si è insediato a Santa Maria Capua Vetere

 

Si è insediato, martedì mattina, il nuovo procuratore capo della Procura di Santa Maria Capua Vetere, Pierpaolo Bruni. Il magistrato crotonese ha lasciato la Procura di Paola che guidava da sei anni. La cerimonia di insediamento si è svolta alla presenza del procuratore generale di Napoli, Luigi Riello; del presidente del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Gabriella Maria Casella; dei sostituti procuratori Antonio D’Amato e Carmine Renzulli; del presidente delle Camere penali, Francesco Petrillo e di tanti rappresentanti del Palazzo di giustizia. Lo scorso 4 maggio il Csm ha nominato Bruni a capo della Procura di Santa Maria Capua Vetere.  Il magistrato calabrese, 54 anni, è  da tempo nel mirino delle cosche e vive da tantissimi anni sotto scorta. In passato, si è occupato di tantissime inchieste contro i clan del Cosentino e le cosche del Crotonese, conducendo anche delicate indagini sui rapporti tra la mafia e la politica. Da sempre è oggetto di minacce di morte, alcune confermate anche da diversi collaboratori di giustizia. Il pentito, Angelo Cortese, rivelò agli inquirenti che «il dottore Bruni è a rischio di vita assoluta». Nel 2010 fu diffuso un messaggio che conteneva minacce di morte rivolte al magistrato: «Pierpaolo Bruni… ahahah… tu per noi sarai na muschiddra… tutto questione di tempo… a presto tu sarai raccolto con un cucchiaino… di te rimarranno solo le ceneri… Insieme ai tuoi carissimi pentiti Bumbaca e Marino». In realtà, le minacce di morte contro l’allora sostituto procuratore di Crotone erano contenute in un commento di un articolo, pubblicato su un sito on line, che riportava la notizia della confisca dei beni disposta dal Tribunale di Crotone nei confronti di due esponenti delle cosche locali, coinvolti nell’inchiesta “Heracles” della Dda. Ma è stato oggetto di minacce anche da quando è a capo della Procura di Paola. In particolare dalle carte dell’inchiesta “Tonno Rosso” sui presunti pirati del Tirreno cosentino emerse che uno degli avrebbe voluto “vendicarsi” del procuratore capo di Paola che, già una volta, lo aveva fatto condannare. Una vendetta meditata anche attraverso dei “piani” per delegittimarlo. Sono emblematiche alcune frasi, intercettate durante i colloqui in carcere, pronunciate più volte da lui e dai suoi parenti contro quel pm che tanti anni fa lo aveva fatto arrestare in un’inchiesta della Dda di Catanzaro. I finanzieri captarono le conversazioni nelle quali, più volte, ha espresso progetti di delegittimazione ai danni del procuratore, usando parole piene di risentimento fino ad augurargli la morte. Frasi che gli agenti di polizia giudiziaria trascrivono in un’informativa che descrive un contesto di odio nei confronti di Bruni, un risentimento che parte da lontano. Cioè da quando, nel 2003, l’arrestato era finito nell’inchiesta “Tramontana” condotta dalla Dda e dallo stesso Pierpaolo Bruni, l’allora pm applicato alla Distrettuale antimafia che si occupava delle cosche del Crotonese. Quegli stessi clan che, più volte, hanno organizzato e pianificato attentati e progetti di morte contro il procuratore Bruni. Nel 2018 un detenuto svelò un piano ordito dalle cosche per eliminare il magistrato che aveva fatto arrestare diversi esponenti di spicco della ’ndrangheta. Secondo quel racconto, riscontrato dagli inquirenti, le cosche stavano davvero pianificando di ammazzare il magistrato ed erano a conoscenza di tutti I suoi spostamenti, delle sue abitudini e anche di quelli della sua scorta.

 

 

 

 

 

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