Personalizza le preferenze di consenso

Utilizziamo i cookie per aiutarti a navigare in modo efficiente ed eseguire determinate funzioni. Di seguito troverai informazioni dettagliate su tutti i cookie in ciascuna categoria di consenso.

I cookie classificati come "necessari" vengono memorizzati nel tuo browser in quanto sono essenziali per abilitare le funzionalità di base del sito.... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

Fincalabra, il Gup: “Gli incarichi illegittimi frutto dell’iniziativa di De Rose” 

Fincalabra, il Gup: “Gli incarichi illegittimi frutto dell’iniziativa di De Rose” 

CATANZARO. Gli incarichi illegittimi affidati da Fincalabra e finiti al centro dell’indagine della Procura di Catanzaro furono “frutto dell’iniziativa del presidente di Fincalabra”, Umberto De Rose. È quanto sostiene il gup di Catanzaro Assunta Maiore nelle motivazioni della sentenza con cui, al termine del rito abbreviato, ha assolto i membri della commissione esaminatrice Sergio Campone, Giuseppe Frisini, Vincenzo Ruberto e i membri del cda Antonio Idone e Leonardo Molinari. Al centro dell’inchiesta ci sono i contratti a progetto affidati a Lory Gentile, figlia del senatore di Ncd Antonio, a Paola Ambrosio e Giuseppe Genise, e la consulenza concessa ad Andrea Gentile, figlio del parlamentare cosentino. L’inchiesta aveva avuto inizio dopo la denuncia del presidente della commissione di vigilanza del consiglio regionale, Chizzoniti. Il gup, accogliendo le tesi dell’accusa, ha ritenuto che Fincalabra sia “un braccio operativo della Regione, assimilabile a una ramificazione dell’amministrazione regionale”. Ne deriva, secondo il giudice, che gli organi sociali, il consiglio di amministrazione e il suo presidente sono pubblici ufficiali. Quindi l’ente “in hous” e della Regione è tenuto “all’applicazione della regola della selezione pubblica e del concorso per la selezione del personale”. Per questo il gup ha ritenuto sussistente, rinviando a giudizio De Rose, l’ipotesi di reato relativa ai tre contratti a progetto stipulati con soggetti non “selezionati dalla short list, senza i requisiti preliminari e senza che venisse effettuato il colloquio come per gli altri aspiranti e assunti”. La responsabilità secondo il giudice è però da attribuirsi al solo De Rose. I membri della Commissione, pur avendo preselezionato i tre soggetti in deroga ai criteri per gli altri concorrenti, hanno “poi arrestato la propria condotta decidendo di attendere l’approvazione da parte del dipartimento”. “ Risulta, invece, frutto dell’iniziativa del presidente di Fincalabra la sottoscrizione dei contratti ben prima dell’approvazione del piano delle attività”. Il processo per abuso d’ufficio a carico di De Rose inizierà il 10 dicembre. Cadute completamente invece le altre due ipotesi di reato contestate dalla Procura. Per quanto riguarda l’accusa relativa alla consulenza affidata ad Andrea Gentile, il gup ha ritenuto corretto il comportamento del vertice di Fincalabra che, dopo aver ricevuto tre offerte, le ha comparate e infine ha scelto quella più vantaggiosa per la pubblica amministrazione. Non sussiste secondo il giudice neanche il reato di minacce contestato a De Rose. Il presidente infatti era accusato di aver minacciato una dirigente regionale. Ma la minaccia, si legge nella sentenza, “non è stata pronunciata per costringere la dirigente a porre in essere un atto contrario ai suoi doveri di ufficio e cioè a revocare i propri provvedimenti ovvero a non farle tenere fermo il dissenso già espresso sull’operato aziendale. In realtà quella di De Rose è stata una reazione la decisione già assunta dalla dirigente di non finanziare il piano nella sua interezza e di limitarlo a un milione di euro, perciò la condotta non rientra nel paradigma di cui all’articolo 336 codice penale”. Per il giudice non si tratta di una “minaccia penalmente rilevante” anche perché De Rose non aveva alcun potere gerarchico “tale da poter ottenere la rimozione della dirigente”.

 

 

 

desk desk