Droga dal Sud America grazie alla ‘ndrangheta: 16 persone in manette
FIRENZE. Un narcotraffico di cocaina, dall’America Latina all’Italia, nascosta in blocchi di marmo e all’interno di doppifondi ricavati in container con carichi di banane. I militari del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Firenze hanno scoperto, dopo indagini durate tre anni, grazie anche all’apporto fornito dalla direzione centrale per i servizi antidroga e dallo Scico, un legame fra famiglie legate all’ndrangheta e i narcotrafficanti colombiani. Quasi 300 i chilogrammi di cocaina sequestrata. In tutto arrestate 16 persone. “Il cartello dei colombiani si rivolge in maniera privilegiata alle cosche di ‘ndrangheta e queste provvedono alla distribuzione sul mercato nazionale secondo la richiesta – ha spiegato il procuratore capo di Firenze e della Dda, Giuseppe Creazzo – e fanno riferimento a soggetti di fiducia che risiedono nelle nostre regioni”. Sono stati arrestati in tutto 16 italiani, legati a due ‘ndrine, una delle quali operante in provincia di Lucca, e pende su un colombiano un mandato di arresto internazionale. Sono quasi 300 i chilogrammi di cocaina purissima sequestrata, che veniva imbarcata nei porti di Callao in Perù e di Guayaquil in Ecuador e smistata sulle navi che arrivavano a Genova e Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. Una volta immessa sul mercato, la cocaina avrebbe fruttato oltre 43 milioni di euro. Per le Fiamme Gialle, è stato particolarmente complesso scoprire dove si trovasse materialmente la droga occultata. In alcuni casi, la cocaina si trovava in un doppiofondo di container che trasportavano banane, occultata in un modo tale da non poter essere individuata dagli scanner. Solo grazie a saldature anomale sul metallo, gli investigatori hanno capito dove era stata nascosta. Una curiosità: l’operazione, partita da una precedente che si era conclusa nel 2013 con l’arresto di 13 persone, è stata denominata ‘Gufo 2013’. “Quando è iniziata l’attività investigativa – ha spiegato ai giornalisti il comandante del nucleo di polizia tributaria di Firenze, colonnello Adriano D’Elia – c’era poca fiducia nella possibilità che potesse arrivare ad un risultato così eclatante. E quindi, proprio perché l’attività è andata contro qualsiasi previsione, facendo riferimento alla parola “gufata”, abbiamo deciso di dare questo nome all’operazione”.