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Dramma migranti, l’arcivescovo di Crotone: “Basta sfruttare la carne dei poveri”

Dramma migranti, l’arcivescovo di Crotone: “Basta sfruttare la carne dei poveri”

 

“Questi eventi portano dentro di sé una serie di corresponsabilità che noi, come credenti, non possiamo trascurare”. L’arcivescovo di Crotone, monsignor Angelo Panzetta è stato il primo a varcare stamani la soglia della camera ardente nel Palamilone per rendere omaggio alle vittime del tragico naufragio al largo delle coste di Steccato di Cutro, dove hanno perso la vita 67 persone.

Monsignor Panzetta, a Vatican News parla di corresponsabilità per “il fatto di vivere in un mondo in cui la povertà costringe le persone a fuggire dai loro Paesi in un mondo in cui i diritti sono negati. Un mondo in cui ci sono persone che banchettano sulla carne dei poveri, è una cosa terribile!”.

“E anche – continua – la corresponsabilità di noi, mondo civile, che spesso abbiamo le porte chiuse davanti a queste persone che si dicono disperate. Io in realtà le considero portatori di speranza… La situazione è davvero drammatica, si dice che il Mediterraneo è un cimitero, rischia di diventare anche un cimitero della speranza e questo non può non avere conseguenze per tutti noi”.
il presule si è inginocchiato e ha pregato insieme a Mustafa Achik, imam della Moschea di Cutro. La maggior parte delle vittime era di fede musulmana. “Davanti al mistero della morte ci siamo uniti per invocare il Dio della vita”, dice l’arcivescovo.
“Quello che ho nel cuore è tanto dolore perché non si possono vedere tanti corpi allineati senza avere un profondo senso di empatia con le persone che hanno perso la vita, con quelli che sono superstiti. Vedo una profonda pietà umana, prima ancora che soprannaturale. Davanti al mistero della morte comprendiamo che la fraternità è quello che ci unisce, molto più di quello che ci divide”, aggiunge monsignor Panzetta.

Dopo questa ennesima tragedia quali passi concreti bisogna compiere come Chiesa, come società, come politica? “Anzitutto – risponde – l’accertamento di quanto accaduto perché quello, se fatto non di pancia ma con testa e cuore, ci aiuterà a leggere i fatti perché non si riproducano più. Penso poi che dovremmo considerare la politica del nostro Paese in un orizzonte più ampio dell’Europa per ipotizzare strade diverse”. E l’arcivescovo racconta che la sera prima della tragedia, durante la visita pastorale, era stato in un piccolo centro della sua diocesi che si chiama Carfizzi. Qui, afferma, “ho incontrato più di venti ragazzi migranti che in una comunità di accoglienza stanno imparando l’italiano e qualche mestiere. Salutandoli alla fine, la parola che più hanno usato era ‘speranza, speranza’. E l’unica speranza che noi abbiamo è quella della convivialità, della fraternità nelle differenze per mettere insieme i talenti che abbiamo”.
“Noi qui in Calabria – continua – abbiamo un’erosione demografica spaventosa, avremmo bisogno di pensare per il futuro a giovani famiglie che vengano qui, abitino nelle nostre case, lavorino nelle nostre terre, imparino i mestieri, si diano da fare per il turismo. Dobbiamo fare in modo, insomma, che questi nostri fratelli comincino a essere pensati come una grande risorsa di umanità ma anche economica per il nostro territorio più che un problema di cui aver paura”.
In questi giorni l’arcivescovo di Crotone ha vissuto in prima persona la drammaticit della situazione. Qual è l’immagine o la storia che maggiormente l’hanno colpita?
“L’immagine sono le buste bianche piene di persone che ho visto appena mi sono recato sul posto. Alcune di esse portavano segni di sangue. Non penso che si cancellerà mai più dal mio cuore”, conclude sospirando.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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