Doppia preferenza di genere, Morano Cinque commenta la bocciatura: “Un’ occasione perduta per tutti”
Riceviamo e pubblichiamo commento di Elena Morano Cinque, Consigliera di Parità della Provincia di Catanzaro, in relazione alla bocciatura della proposta di Legge sulla Doppia preferenza di genere in Consiglio Regionale.
In quanto Donna calabrese – oltre che Consigliera di Parità della Provincia di Catanzaro ed anche componente della Commissione Regionale per le pari opportunità – intendo esprimere tutto il mio rammarico, l’amarezza ed il disappunto per il tristissimo esito della votazione appena effettuata presso il Consiglio Regionale della Calabria. La bocciatura della proposta di Legge sulla Doppia preferenza di genere, a firma dall’on.le Flora Sculco, unica donna nell’assise, è innegabilmente una sonora sconfitta per la maggioranza. A me non interessano affatto le logiche politiche, anche perché, personalmente sono sempre stata convinta che le battaglie per le Pari Opportunità non debbano avere colori politici, ma onestamente ritengo che questa sia davvero un’occasione perduta per tutti. Come più volte ed in diversi contesti ho avuto modo di ribadire, io non ritengo che la doppia preferenza di genere sarebbe stata “la panacea di tutti i mali”. Ovvero non ritengo che, semplicemente mediante l’approvazione di questa legge, avremmo potuto avere immediatamente un reale riequilibrio di genere nel Consiglio Regionale. Per essere elette servono voti ed i voti (salvo quelli di estimazione, nei quali ahimè, si tende a credere poco, specie in questa nostra terra bellissima ma complicata) non si ottengono se non si esercita un certo potere. Pertanto è proprio alle posizioni di potere che le donne calabresi dovrebbero mirare: potere economico, sociale, e dunque anche politico. Eppure, ciò di cui sono certa, è che l’approvazione della legge sulla doppia preferenza di genere – che, com’è noto è meccanismo di voto plurimo ma facoltativo – sarebbe stata un tassello importante per la democrazia paritaria. Il che significa, in parole povere, che nel processo di formazione delle norme e delle decisioni a queste connesse deve effettivamente – e non solo formalmente – essere consentita la partecipazione attiva di entrambi i sessi. In buona sostanza, dunque, l’esclusione di fatto delle donne dai processi decisionali è inconciliabile con l’idea stessa di democrazia, traducendosi nell’assenza della maggioranza del “popolo sovrano” dalle sedi politico-decisionali. Eppure, la democrazia paritaria non è un concetto numerico quindi quantitativo, ma è qualitativo. Intendo dire che la democrazia paritaria, essendo connessa al concetto di eguaglianza sostanziale, è progetto di trasformazione qualitativa della società che non si esaurisce nel mero calcolo della percentuale di donne che “occupano posti” nelle istituzioni (una questione statistica, di tipo meramente quantitativo). Il problema della scarsa presenza delle donne nel cuore pulsante delle istituzioni democratiche di un paese è un problema della democrazia stessa. Insomma non è una questione di «genere», quanto, piuttosto, di civiltà – e qualità – democratica. Le donne non sono, in questa chiave, soltanto sottorappresentate, ma sono scarsamente rappresentanti. In tal senso, il voto favorevole a questa proposta di legge sarebbe stata un’azione positiva che avrebbe potuto aiutare il passaggio da una democrazia incompiuta in quanto è solo «democrazia al maschile» alla vera democrazia paritaria. Purtroppo, così non è stato. I nostri Consiglieri Regionali della Calabria hanno deciso diversamente. Sinceramente non so se in sintonia o in dissonanza rispetto al sentire comune del popolo calabrese. Almeno ora (magra consolazione) i cittadini calabresi conoscono i nomi ed i cognomi di coloro che hanno votato a favore e di coloro che hanno votato contro (astensioni incluse). L’auspicio è che i calabresi, nelle sedi opportune, ne traggano le dovute conseguenze, ciascuno, ovviamente, secondo le proprie legittime opinioni.