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Buoni spesa senza diritto, nella Locride 135 indagati

Buoni spesa senza diritto, nella Locride 135 indagati

Percepivano i buoni Covid senza averne diritto, per questo i carabinieri della compagnia di Bianco hanno denunciato 135 persone, residenti nella Locride, in particolare sulla costa jonica, ritenuti responsabili di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Gli indagati hanno in molti casi legami con la ‘ndrangheta. Tra loro, anche un sorvegliato speciale di pubblica sicurezza, già percettore del reddito di cittadinanza, nonché la sorella di un latitante, che nello stesso mese in cui ha percepito il “buono spesa Covid-19” ha anche sottoscritto buoni fruttiferi per il valore di 7.000 euro. Oltre la metà delle persone coinvolte risiede nel Comune di San Luca.

L’operazione è stata denominata chiamata in codice “Tantalo”,  dal nome del personaggio della mitologia greca, il cui supplizio è consistito nell’avere per sempre una fame e una sete impossibili da placare. L’inchiesta è stata avviata e condotta durante tutto il periodo del lockdown (da aprile a giugno 2020), a seguito degli aiuti straordinari introdotti dal Governo per il periodo di emergenza sanitaria (cosiddetti “buoni spesa covid-19”). I buoni alimentari sono stati erogati direttamente dai Comuni alle persone e alle famiglie in difficoltà economica, per acquistare alimenti, farmaci e altri beni di prima necessità. Ciascun Comune, poi, ha avuto la possibilità di scegliere in autonomia i requisiti per la concessione del bonus, garantendo somme variabili a seconda di vari indici di valutazione e attribuendo priorità a chi non riceveva altri sostegni economici pubblici.

I militari dell’Arma delle stazioni interessate hanno recepito le lamentele e la disperazione di alcuni cittadini, riguardanti presunte irregolarità nella concessione dei buoni alimentari.
Gli accertamenti effettuati dai militari della Compagnia di Bianco avrebbero consentito di verificare che gli indagati hanno aderito ai rispettivi bandi comunali hanno dichiarato informazioni non corrispondenti al vero, sostenendo in generale di trovarsi in condizioni di difficoltà economica e di indigenza, nel tentativo di indurre in errore le amministrazioni comunali e ottenere così un ingiusto profitto.
Le informazioni fornite non correttamente vanno dalla falsa attestazione sulla residenza e del numero dei componenti del nucleo familiare (l’elargizione era connessa anche all’effettivo stato di bisogno della famiglia) all’omessa o falsa indicazione di ricevere, nello stesso periodo, altri sussidi sociali (indennità di disoccupazione, periodi retribuiti di malattia dei “braccianti agricoli”, pensioni di invalidità, l’indennità di maternità e lo stesso reddito di cittadinanza) che, superata una certa soglia, non avrebbe consentito l’ottenimento del buono alimentare.

I carabinieri hanno prima individuato quanti hanno presentato la domanda per ottenere il buono spesa (quasi 900 le domande giunte ai Comuni di Africo, Bianco, Brancaleone, Bruzzano, Caraffa del Bianco, Casignana, Ferruzzano, Palizzi, Samo, San Luca, Sant’Agata del Bianco e Staiti), successivamente, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Locri, hanno analizzato la documentazione e le autodichiarazioni presentate, accedendo anche all’interno delle abitazioni degli interessati, al fine di accertare la veridicità di quanto sottoscritto. Infine, i carabinieri hanno approfondito, con l’ausilio dell’Inps, degli istituti di credito e delle banche dati in uso alle forze di polizia, la posizione economica degli interessati, ottenendo una conferma dei sospetti iniziali. I 135 indagati sono stati pertanto denunciati per aver presentato ai Comuni domande in cui hanno attestato falsamente di possedere i requisiti previsti, al fine di ottenere indebitamente i buoni alimentari il cui valore, per ogni soggetto, in media oscilla tra gli 80 e i 200 euro.

“Il dato di fatto – si legge in una nota dell’Arma – è che circa un terzo degli odierni indagati risulta avere legami di parentela con soggetti appartenenti a ‘ndrine o a famiglie di interesse operativo”. Le denunce sono ora al vaglio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Locri, e stanno seguendo il loro corso. Soltanto diecisono archiviate (sette per tenuità del fatto, tre “perché il fatto non sussiste”). I militari dell’Arma hanno stimato che le somme indebitamente percepite hanno comportato un danno erariale pari a oltre 21.000 euro.

 

 

 

 

 

 

 

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