Bronzi di Riace, Criaco: “In esilio da 47 anni, tornino nella Locride”
I Bronzi di Riace “vogliono tornare a casa”, in riva alle acque del mare Ionio dalle quali, il 16 agosto del 1972, furono recuperati dopo che un sub li avvistò nel mare di Riace. A sostenerlo è lo scrittore Gioacchino Criaco. Le due statue bronzee di età magnogreca, secondo l’autore di “Anime nere”, starebbero meglio nella Locride, terra di grandi tradizioni, polo culturale ed archeologico di primario interesse, ma anche comprensorio fra i più depressi d’Italia. L’idea è dare vita a un distretto culturale nella terra in cui si parla il dialetto grecanico, retaggio della grandezza magnogreca insieme a testimonianze archeologiche di varie epoche, dalla villa romana di Casignana alla Cattolica di Stilo, solo per citarne alcune. Sul suo profilo Facebook Criaco rievoca quel lontano 16 agosto del ‘72 come ”giorno fausto per la nascita e crudele perché li strappò alla propria casa. Ché certo il loro sgarbo agli Dei dev’essere stato più del doppio di quello che il Laertide commise fra le sacre mura di Troia”. In realtà i Bronzi sono da sempre oggetto di contesa e di polemica e il post dello scrittore di Africo ha provocato critiche e consensi. Qualcuno vorrebbe per le due statue un tour nelle grandi città del mondo per consentire al maggior numero di persone di conoscerle, ma da Reggio, il cui museo li custodisce e che nei due giorni del ponte di Ferragosto ha registrato la cifra record di 7.000 presenze, il discorso è tabù: le statue non devono spostarsi, perché subirebbero danni e comunque, è l’opinione corrente, è in Calabria che i turisti devono venire per visitarli. “Nei mesi passati – scrive ora Criaco – la Sfinge Metropolitana si è stizzita per la proposta di portare in missione mondiale le statue Locridee: “dove sta il tuo diritto?”, dovremmo chiedergli noi Nossidei, figli della Montagna Lucente, “quali sono i meriti, che favori e attenzioni hai dedicato alla nostra terra?”. A lagnarsi dovremmo essere noi, i defraudati, noi – aggiunge – che ne patiamo la lontananza. E non è un discorso di campanili, di piccole divisioni paesane, la Locride fu Nazione, e di quei tempi ha il diritto e il dovere di conservarne i fasti. Ha un proprio museo che andrebbe solo adeguato per essere all’altezza dei suoi Guerrieri, ma anche dei Dioscuri, il Cavaliere Marafioti, persino della benigna Dea che siede su un trono di pietra in terra straniera, a Berlino, e del Trono Ludovisi. Immaginatevela la Nazione Aspromontana: il museo, il teatro, gli scavi e due ali a mosaico, draghi a Kaulon e nereidi a Casignana, acque di sogno fra l’Amendolea e l’Allaro, e fronde odorose da Rhoghudi a Kaulon. Unica, una terra delle meraviglie. Lo potrebbe diventare se ci fossero una politica e un popolo adeguati. Non sarebbe uno sgarbo ai Reggini – precisa – solo un atto di Giustizia per i Locridei”.
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