Atletica, la Russia e il doping: una storia che ritorna

Atletica, la Russia e il doping: una storia che ritorna

Russia e doping. Una vecchia storia che ritorna prepotentemente a galla e scuote il mondo dello sport a pochi mesi dalle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Non è la prima volta che i russi vengono accusati di dopare i loro atleti, di modificare i risultati dei test per poi portarsi a casa medaglie, record e gloria. Il successo a tutti i costi, a qualsiasi prezzo. Già negli anni ‘70 è stato accertato come sugli atleti sovietici venivano fatti esperimenti, spesso a loro insaputa, con anabolizzanti. Ecco perché si parla, da sempre, nell’ambiente di “sistematica cultura del doping nello sport russo”. Un modus operandi nato quando l’Europa era divisa da un Muro con la Germania dell’Est capace in quel periodo di portare a casa 192 medaglie d’oro grazie a quasi 10.000 atleti “dopati” tra corridori, biathleti, canottieri e lanciatori. Un sistema che riaffiora oggi e non ci sorprende più di tanto. Un fantasma del passato che non era mai andato via. Vodka e doping insomma. Questa è la conclusione a cui è giunta, al termine di un’inchiesta condotta attraverso una propria commissione indipendente, la WADA (World Anti-Doping Agenty), l’agenzia mondiale antidoping, che ha chiesto alla IAAF (International Association of Athletics Federations) di sospendere, con effetto immediato, la Federazione di atletica russa dalle prossime Olimpiadi e di radiare, tra atleti e tecnici, ben nove persone. Un rapporto di 323 pagine, presentato ieri a Ginevra, dove viene specificato come “gli allenatori abbiamo invogliato gli atleti a doparsi e poi, aiutati da alcuni medici, hanno tentato di manipolare la pubblicazione dei risultati“. L’inchiesta ha svelato l’esistenza di una struttura occulta creata ad arte per nascondere, modificare e distruggere migliaia di test antidoping (1417 per la precisione) con l’approvazione dei più alti livelli politici. Accedere ai laboratori antidoping di Mosca era diventato praticamente impossibile per gli organi internazionali. Ma non solo. Anche soffiate sui test a sorpresa, tangenti, intimidazioni ad ispettori antidoping ed alle loro famiglie. Nel “Russia-gate” coinvolti anche i servizi segreti per un vero e proprio doping di Stato. Il governo russo si difende parlando di una farsa organizzata ad arte per inguaiare Putin e tutto il movimento sportivo nazionale sul quale si è investito molto. Rigetta le accuse e specifica che mancano le prove. Sta di fatto che, alla luce delle indagini svolte, appare impossibile pensare che i vertici governativi non potevano non sapere, permettendo cosi ad atleti, che avrebbero dovuto essere fermati per squalifica, di gareggiare. Dai Giochi di Londra del 2012 dove la Russia ha portato a casa 83 medaglie, 19 grazie all’atletica, a quelli invernali di Sochi 2014, tutti fatti in casa con appena 50 miliardi di dollari investiti e ripagati dalle 33 medaglie vinte. Fino alle 31 positività riscontrate negli atleti sovietici, tra questi ben tre olimpici, alla vigilia dei Mondiali di atletica dello scorso agosto a Pechino. Più indizi che fanno una prova e che coinvolgono direttamente il ministro dello sport, il presidente federale ed il direttore del laboratorio antidoping internazionale di Mosca. Cosi se la richiesta da parte della WADA di due anni di squalifica venisse accolta dal Comitato Internazionale Olimpico (CIO) i russi non potrebbero partecipare né agli europei di Amsterdam, in programma a luglio, né a Rio 2016, né ai mondiali di Londra nel 2017. Sarebbe la prima volta perché mai si era arrivato a chiedere la squalifica di un paese. Un vero e proprio terremoto. Un big bang che intreccia lo sport con il potere internazionale. Uno scandalo mondiale che potrebbe portare ad una vera e propria “guerra fredda” tra il blocco occidentale e quello sovietico. Dall’atletica l’inchiesta potrebbe allargarsi anche ad altri sport e soprattutto ad altri paesi come ha fatto intendere il canadese Dick Pound, a capo della commissione di inchiesta dei saggi della WADA. A tremare quindi non è solo un paese ma la credibilità dell’intero sistema sportivo mondiale dopo  l’ennesima bufera. Dal Fifa-gate al doping russo. Dal calcio all’atletica. Da uno scandalo all’altro. In attesa del prossimo.

Matteo Pirritano

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