Assalto del 2019 al portavalori della Sicurtransport, sette arresti
“Il lavoro dei carabinieri è stato eccezionale. La rapina è stata un vero e proprio atto di guerra perché si è sparato con i kalashnikov e solo la fortuna ha voluto che non ci sia stato spargimento di sangue. Non è escluso che ci sia stato qualcuno che ha dato delle dritte, però siamo a livello di possibilità”. Così il procuratore di Palmi Emanuele Crescenti ha commentato, parlando con i giornalisti, l’operazione dei carabinieri che ieri ha portato all’arresto dei presunti autori di una rapina ad un furgone portavalori della ditta Sicurtransport effettuata nel 2019. Sulla possibilità che dietro la rapina ci possa essere la ‘ndrangheta, Crescenti ha sostenuto che “non abbiamo elementi che ci sia l’intervento della criminalità organizzata, altrimenti avremmo trasmesso gli atti alla Dda di Reggio Calabria. Certo non possiamo escluderlo e non ci sorprenderebbe”. Con l’inchiesta “Terramala” che ha portato all’arresto di 7 persone, tre delle quali accusate della rapina da 627.500 euro al portavalori Sicurtransport, i carabinieri hanno delineato i ruoli degli indagati all’interno del sodalizio che avrebbe imperversato nella provincia di Reggio Calabria. Coordinati dalla Procura di Palmi, gli investigatori del Gruppo di Gioia Tauro e della Compagnia di Palmi, hanno ricostruito i diversi contributi dati da ciascuno al disegno criminale, pianificato e organizzato dalla banda di rapinatori. Oltre alla pistola della guardia giurata coinvolta nella rapina di maggio 2019, ritrovata con matricola punzonata, nel corso dei vari accertamenti, i militari dell’Arma sono riusciti a reperire e sequestrare diverse armi, munizioni e sostanze stupefacenti tra cui un fucile cal. 12, una cartucciera da caccia, svariate munizioni di diverso calibro, circa due chili di sostanza stupefacente, presumibilmente marijuana, autovetture e macchinari agricoli rubati. Stando alle indagini, inoltre, i soggetti arrestati si muovevano in un contesto quantomeno vicino agli ambienti mafiosi. Non è un caso, infatti, che il 21 gennaio 2020, durante una perquisizione nell’abitazione del principale indagato, Francesco Trefiletti, i carabinieri abbiano ritrovato sette fogli di piccole dimensioni, a righe, riportanti presunti riti di affiliazione alla ‘ndrangheta. A uno degli indagati, infine, i carabinieri sono riusciti a sequestrare appunti attraverso i quali è stato possibile ricostruire come è stato spartito il bottino della rapina al portavalori. In sostanza, la quota pro-capite per ogni rapinatore era di circa 90mila euro.