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Almaviva, sindacati scrivono a Renzi: “No a trasferimenti”

Lanciano un appello a Matteo Renzi e in una lettera a lui indirizzata chiedono di “ridare dignità ai circa 80 mila lavoratori dei call center, che ogni giorno, con professionalità e col sorriso sulle labbra, forniscono ai cittadini italiani assistenza di tipo amministrativo, tecnico e commerciale per conto delle maggiori aziende fornitrici di servizi del Paese, a cominciare dai lavoratori di Almaviva”. A scrivere al presidente del Consiglio sono le Rsu di Fistel Cisl, Slc Cgil, Uilcom Uil e Ugl per chiedere un intervento su una vertenza che a Palermo è tornata a riaccendersi, dopo l’annuncio di Almaviva Contact di trasferire 154 operatori su 398 del call center palermitano a Rende, in Calabria, già dal 24 ottobre, per la dismissione di una commessa Enel, che scade a dicembre. I lavoratori sono preoccupati, la società ha il conto in rosso, e non sembrerebbe esclusa a Palermo l’ipotesi di avviare un processo di ristrutturazione aziendale. “A quattro mesi dalle trionfalistiche dichiarazioni di “salvataggio” dei lavoratori Almaviva – scrivono nella missiva – ci si ritrova come in un déjà vu a dover rivivere le ansie e le angosce di una prospettiva priva di futuro. Ancora una volta la nostra azienda minaccia di riaprire le procedure di licenziamento collettivo perché, a suo dire, non ci sono i presupposti di tenuta dell’accordo, sofferto e contestato, sottoscritto il 31 maggio scorso. Un accordo siglato nelle stanze del Governo, al Mise, e che, proprio per questo motivo, ha fatto pensare che le cose sarebbero andate diversamente. La decisione, presa nelle ultime ore, di deportare 154 lavoratori, per lo più part-time, da Palermo a Rende (Cosenza-Calabria), costringendoli – prosegue la missiva – quasi certamente ad autolicenziarsi, non va esattamente in questa direzione”. Al premier i sindacati chiedono l’applicazione dell’art.24 bis, lotta alle gare al massimo ribasso, creazione di un fondo di investimento per l’innovazione del settore, applicazione della clausola sociale per dare garanzia di continuità occupazionale e consolidamento dei diritti acquisiti, come previsto dall’accordo siglato al Mise.

 

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