Caso Bergamini, iniziato il processo in Corte d’assise

Caso Bergamini, iniziato il processo in Corte d’assise

 

E’ iniziato lunedì 25 ottobre il processo per la morte di Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza scomparso in circostanze mai chiarite 32 anni fa. In aula c’è anche l’unica imputata: l’ex fidanzata Isabella Internò, entrata da una porta posteriore del Tribunale. Bergamini morì nel novembre del 1989 sulla strada statale 106, investito da un camion, in quello che fu etichettato come un suicidio. Ma la famiglia ha sempre pensato che si sia trattato di una messa in scena per coprire un omicidio. L’ex fidanzata è accusata proprio di questo, in concorso con persone ignote. Aula vietata alle telecamere, ma all’esterno sono accorsi tanti  cronisti. Il legale della famiglia Bergamini, Fabio Anselmo, all’arrivo ha parlato con la stampa. Assente la sorella di Denis, Donata, presente invece il nipote che si chiama proprio Denis. “Donata ha aspettato 32 anni questo momento – ha detto Anselmo – questi processi riservano ad ogni udienza dei colpi di scena, ma siamo preparati – ha detto Anselmo – oltre la verità non si può andare”. “Direi che il cambiamento di rotta lo hanno datto i magistrati e gli accertanebti medico-legali che abbiamo sollecitato noi”, ha aggiunto Anselmo.
“Era ora, finalmente ci siamo arrivati, potevamo esserci già 32 anni fa” ha dichiarato Denis dalle Vacche, nipote Bergamini. Oggi è lui che rappresenta, in qualche modo, la sua famiglia. “Non so cosa aspettarmi, vivremo udienza dopo udienza. Sicuramente c’è tanta rabbia – ha detto Denis – è un omicidio, per favore non chiamatelo più suicidio, era un caso semplicissimo, ma per fortuna il cadavere, dopo 30 anni, ha parlato”.
Una sparuta rappresentanza dei tifosi del Cosenza Calcio sta presidiando, con una bandiera, l’esterno del tribunale.

Il Tribunale (giudice Paola Lucente, a latere Marco Bilotta) ha respinto le eccezioni della difesa, tra cui una tendente all’annullamento del processo, che pertanto va avanti. Il corpo del calciatore del Cosenza, che militava in serie B, fu trovato a pochi chilometri da  Roseto Capo Spulico, centro dello Ionio cosentino. La famiglia di Bergamini non ha mai creduto alla tesi del suicidio, sostenuta da Isabella Internò. L’accusa nei confronti della donna è concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione. Il calciatore avrebbe pagato con la vita la fine della relazione con la ragazza.

Saranno 200 i testimoni che sfileranno davanti alla Corte d’assise di Cosenza nel processo a Isabella Internò accusata di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai motivi futili per la morte di Donato Denis Bergamini. Lo hanno deciso i giudici ammettendo la lista dei testi presentata dalle parti. Il processo è stato quindi aggiornato al 25 novembre prossimo dopo una questione preliminare sollevata dalla difesa sulla nullità della riapertura delle indagini, rigettata dalla Corte presieduta da Paola Lucente. Ammessa anche la trascrizione delle intercettazioni più rilevanti.

 

Caso Bergamini, un mistero che si trascina da 32 anni

E’ un giallo che dura da 32 anni quello riguardante la morte di Denis Bergamini. Per la prima volta, a Cosenza, oggi la vicenda è arrivata in tribunale. E’ l’epilogo della terza inchiesta aperta sulla morte del calciatore dal magistrato Eugenio Facciolla, allora procuratore capo a Castrovillari. Internò è accusata di essere responsabile, in concorso con ignoti, dell’omicidio del calciatore con l’aggravante dei futili motivi. Accusa che lei ha sempre rigettato. Il dramma risale alla sera del 18 novembre 1989. Fra loro un rapporto travagliato, scandito da abbandoni e ripensamenti e anche da un aborto praticato a Londra dalla giovane. I due, sull’auto del calciatore, si sarebbero fermati in una piazzola sulla strada statale 106 Jonica, nei pressi di Roseto Capo Spulico. Dunque, un luogo lontano da Cosenza, da cui provenivano, per fare una passeggiata.

Qui, all’improvviso, racconta la ex fidanzata, Denis avrebbe deciso di suicidarsi lanciandosi sotto un camion in transito. Le indagini, all’epoca, chiusero il caso come un suicidio. L’inchiesta, come emerge dagli atti, fu condotta in maniera superficiale. Forti di alcuni elementi evidenti ma allora trascurati, i parenti di Denis, con in testa la sorella gemella Donata, hanno lottato perché si continuasse a indagare. Ma le inchieste non portarono a nulla. Oltre alle evidenze già rilevate anche dalle precedenti inchieste, il corpo di Denis, che sarebbe stato trascinato per una sessantina di metri da un camion, appariva incredibilmente intatto, con ferite presenti dove invece non dovevano essercene e oggetti, come l’orologio, senza neanche un graffio. E poi i vestiti, intatti anche loro ma dati subito in pasto ad un inceneritore. Nel 2012 la seconda inchiesta. I carabinieri del Ris di Messina depositarono una perizia secondo la quale, quando fu investito, Bergamini era già morto. Nel 2015 si arrivò per la prima volta all’udienza preliminare. Ma il caso fu nuovamente archiviato. Nel giugno del 2017, nel corso della terza inchiesta, fu riesumato il corpo del calciatore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Download PDF

desk desk