CATANZARO. “Gli ultimi dati Istat sull’occupazione, e in modo particolare sull’occupazione femminile, che collocano la Calabria agli ultimi posti dell’Europa, non possono che destare profonda preoccupazione e spingerci ad una seria riflessione. Tra i tanti problemi, questo è uno di quelli che, se non affrontati con urgenza e con la dovuta determinazione, rischiano di diventare strutturali e di frenare qualsivoglia progettualità di sviluppo”. Lo afferma la consigliera regionale di Calabria in Rete Flora Sculco. “Il dato Istat – aggiunge – per quanto riguarda l’occupazione ed in specie quella femminile, non è legato ad un fenomeno congiunturale, magari amplificato dalla crisi economica ancora in corso, ma in Calabria è, oramai, un dato strutturale, oserei dire anche culturale. Da sempre – aggiunge la consigliera regionale – le donne in Calabria sono collocate ai margini della società, quasi in ogni settore della nostra vita quotidiana. Questo dato si acutizza fino a diventare drammatico in uno scenario generale di assenza di lavoro per tutti. Oggi, giovani e donne nella nostra regione, vivono una condizione che non è più sopportabile. Non si tratta soltanto di cambiare, commentare, valutare, eventualmente riproponendo stantie analisi che nulla hanno prodotto in questi lunghi anni. È pur vero che il lavoro nasce e cresce se c’è sviluppo e vivacità nel mondo delle imprese, e su questo aspetto l’Italia si è totalmente dimenticata del Sud ed in particolar modo della Calabria, come si evince dal grido di protesta che si è alzato forte in occasione del voto del 4 marzo. Tuttavia, bisogna agire e fare, perché il livello raggiunto dalla disoccupazione ha toccato punte da ‘febbre da cavallò che produce effetti devastanti e distorcenti su tutto il corpo sociale della nostra regione. Da che mondo è mondo, ed in ogni epoca storica, quando il livello di disoccupazione raggiunge cifre da capogiro, così come in questa fase mai conosciuta dal dopoguerra ad oggi, intervenire non è un optional ma un obbligo e non si può agire usando rimedi temporanei ma con azioni mirate e misure poderose per dare opportunità di lavoro, agganciate ad un credibile processo di crescita e di sviluppo. In questo senso, risulta accettabile anche la transitorietà degli interventi, purché non si trasformi nella solita ed eterna precarietà, ma venga inserita in un quadro e in un contesto che assicuri, in breve tempo, il passaggio e la trasformazione in buona e nuova occupazione”.