COSENZA. Associazione per delinquere finalizzata alla commissione di estorsioni, rapine, ricettazione e anche danneggiamento, seguito da incendio, ai danni dell’auto di un carabiniere. Queste sono le accuse che la Procura di Castrovillari muove a 14 persone, arrestate dai carabinieri. I militari hanno anche eseguito diverse perquisizioni domiciliari nei confronti di altri indagati, destinatari di un avviso di conclusione delle indagini preliminari per associazione per delinquere finalizzata ai furti. Le indagini sono partite dall’incendio dell’autovettura di un carabiniere e hanno consentito di fare luce su decine di cruenti fatti avvenuti negli anni 2013 e 2014. Grazie a numerose intercettazioni e testimonianze, si è scoperto che nel centro di Corigliano vi erano due gruppi criminali contrapposti: quello del “centro storico” e quello dello “Scalo”. Il primo costituito dai volti storici della criminalità locale e caratterizzato da una “maggiore caratura delinquenziale” rispetto all’altra banda, composta invece da ragazzi. Gli elementi raccolti avrebbero consentito di dimostrare che il sodalizio del “centro storico” operava sulla base di un “programma criminoso volto alla realizzazione di una serie indefinita di delitti contro la persona ed il patrimonio”, evidenziando “una struttura associativa stabile, con una netta e delineata distribuzione dei compiti tra i vari sodali”. Nel corso delle indagini, che avevano già portato all’arresto in flagranza di 9 persone, sarebbero state accertate le responsabilità degli indagati per otto casi di estorsione ai danni di imprenditori del luogo e due rapine, una delle quali ad un’anziana donna. Nel corso dell’operazione, denominata “Il Tribunale”, sono finiti in carcere Filippo Solimando, 49 anni, presunto capo del gruppo criminale; Natale Gencarelli, 48 anni, Giovanni Arturi, 39 anni, Luigi Sabino, 42 anni, Giuseppe Sammarro, 50 anni, e Giuseppe De Patto, 28 anni. Ai domiciliari sono finiti Davide Lagano, 22 anni, Vincenzo Sabino, 35 anni, Antonio Palummo, 37 anni, e Pasquale Semeraro, 36 anni. Obbligo di firma per Giuseppe Taranto, 41 anni, e Pierluigi Filadoro, 30 anni. Due persone sono attualmente irreperibili. Il gruppo di criminali che operava nel centro storico di Corigliano Calabro, sgominato stamane dai Carabinieri, aveva un “programma criminoso volto alla realizzazione di una serie indefinita di delitti contro la persona ed il patrimonio” ed “una struttura associativa stabile, con una netta e delineata distribuzione dei compiti tra i vari sodali” comprendente una sorta di “Tribunale” con un “Presidente” e dei “giudici a latere”. È quanto evidenziano gli inquirenti. Il “tribunale” della malavita era chiamato a valutare le condotte di chi si fosse reso responsabile, nel territorio di sua competenza, di reati predatori senza una preventiva autorizzazione dei capi. Ne conseguivano sanzioni comminate a diversi componenti della banda dello “Scalo”, vittime di violente aggressioni fisiche, anche con armi, nel tentativo di imporre un capillare controllo sul fenomeno dei reati contro il patrimonio. Nel centro di Corigliano c’erano due gruppi criminali contrapposti: quello del “centro storico” e quello dello “scalo”. Il primo costituito dai volti storici della criminalità locale e l’altro da giovani.
Le punizioni previste dal clan: “Spezzategli un braccio o una gamba”
“La gente la devi picchiare, no che gli dai due schiaffi e la lasci stare”. Frasi come queste emergono dalle intercettazioni effettuate dai carabinieri per l’inchiesta “Il Tribunale”, che ieri ha portato a diversi arresti a Corigliano Calabro. “Devi iniziare a rompere un braccio, una gamba, altrimenti non si arrendono”, dicono gli intercettati. “Quello ha preso 150 coltellate e non gli è bastato il castigo”, si sente ancora. “Inizia a mutilarlo, una martellata sulle mani – si ascolta nelle intercettazioni – vediamo se vai a rubare ancora. Non dimenticarlo, però, che la prossima volta te la taglio la mano”, dicono gli indagati in riferimento a chi aveva commesso dei reati senza l’autorizzazione del gruppo criminale. Intercettata anche una intimidazione ad un benzinaio, che aveva appaltato dei lavori in Toscana. “Noi abbiamo una ditta a Prato che da tempo non riesce a lavorare – gli viene detto – vedi se gli puoi dare una mano così lavori tranquillo pure tu”. “Noi abbiamo operato su un fenomeno molto diffuso di furti e rapine, e registriamo anche delle condotte di rappresaglia contro chi non aveva avuto le “autorizzazioni” per delinquere, e si svolgeva un vero e proprio processo, con tanto di sentenza punitiva”. Lo ha detto il procuratore di Castrovillari (Cosenza), nel corso della conferenza stampa seguita all’operazione “Il Tribunale”, che ha colpito un gruppo criminale operante nel centro storico di Corigliano Calabro. “La rappresaglia contro l’altro gruppo criminale, operante allo Scalo di Corigliano, è partita – ha detto Facciolla – quando un parente di Solimando, presunto capo del gruppo, ha subito un furto nel suo appartamento. Adesso, finalmente, noi ci stiamo riappropriando del territorio”. “Le indagini sono partite dopo l’incendio dell’auto di un carabiniere, nell’aprile del 2013, – ha detto invece il Comandante provinciale dei Carabinieri di Cosenza, il colonnello Piero Sutera – e questo è un fatto di enorme gravità, perché è un attacco diretto ad un rappresentante dello Stato”. L’incendio sarebbe stato perpetrato dal trentenne Pierluigi Filodoro, come emerso dall’inchiesta curata dal pm Antonino Iannotta, da poco arrivato alla Procura di Castrovillari. Dai faldoni si evincono diverse estorsioni ad imprenditori del luogo, alcune durate anche 10 anni. Senza che gli imprenditori avessero mai denunciato quanto accadeva.