Cerimonia di apertura, a Reggio, del nuovo anno giudiziario della sezione distaccata del Tar della Calabria. La presidente Caterina Criscenti, nella sua relazione, ha posto in evidenza “il più che lusinghiero lavoro della Sezione, a fronte delle gravi carenze di organico”, mettendo in evidenza un deposito nell’anno 2017 di 788 sentenze, di cui “ben 380 – ha detto – sono state pronunce rese per definire ricorsi in materia di ottemperanza, con un progressivo abbattimento dell’arretrato dei riti camerali”. Criscenti, inoltre, ha posto sotto la lente di ingrandimento “il territorio e le amministrazioni che in esso operano per il mancato pagamento di somme di denaro da parte di Comuni e di Aziende sanitarie provinciali”, che nel solo 2017 ha prodotto 326 ricorsi innanzi al Tar, a causa della presenza di tantissimi enti locali in condizione di dissesto (il 40% dei Comuni in tale condizione si trova in Calabria), a cui si aggiunge, ha proseguito, “la situazione del settore sanità, con un piano di rientro dal disavanzo deliberato già nel 2009, settore che non riesce a fare fronte ai propri impegni economici, con pesante ricadute non solo sui creditori insoddisfatti, ma sull’intera collettività che si trova a sopportare il costo, sociale ed economico, di una spesa che appare fuori controllo. Il forte e progressivo incremento dei ricorsi di ottemperanza che si è registrato in questi anni è un dato nient’affatto neutro e dimostra, invece, con drammatica evidenza, che in questa provincia manca una regolare azione amministrativa”. La presidente della sezione del Tar di Reggio Calabria ha inoltre esaminato “la peculiare presenza del dato statistico per il notevole numero di ricorsi in materia di informativa interdittiva antimafia e di armi. Nel 2017 sono stati fissati e definiti un considerevole numero di controversie soprattutto in materia di armi, a partire dall’entrata in vigore del Codice antimafia, integrato più volte dal 2011 fino ad oggi. Il progressivo numero di interventi preventivi, e in special modo delle interdittive antimafia – ha sostenuto Criscenti – ha posto in evidenza il connesso rischio che la pur irrinunciabile prevenzione, incidendo su attività economiche di ogni sorta, colpisca anche forze sane, privandole di ogni possibilità di esplicazione, rischio di cui tutti siamo consapevoli, tant’è che il legislatore ha introdotto recentemente nel Codice antimafia l’art. 34 bis dedicato all’istituto del ‘Controllo giudiziario delle aziende’. Un rimedio attivabile anche ad istanza di parte che implica la sospensione degli effetti dell’informativa antimafia e a cui già alcune aziende reggine hanno fatto ricorso”.