Si svolgerà a porte chiuse il processo a carico di sette giovani originari di Melito Porto Salvo accusati di avere violentato ripetutamente tra il 2013 e il 2015 una ragazza che all’inizio della terribile vicenda aveva 13 anni. Lo hanno deciso i giudici del Tribunale di Reggio Calabria dove martedì mattina è iniziato il dibattimento. Nell’inchiesta che ha portato al processo, è stato arrestato anche un ottavo giovane che all’epoca dei fatti era minorenne. Tra gli imputati figura anche Giovanni Iamonte, figlio di Remingo, indicato come boss dell’omonima cosca di ‘ndrangheta operante a Melito Porto Salvo. Gli inquirenti lo indicano come il giovane capo del gruppetto di violentatori. Martedì, davanti al Tribunale, sono sfilati rappresentanti di associazioni religiose e sociali mentre la Regione Calabria, il Comune di Melito Porto Salvo e la Città Metropolitana di Reggio Calabria hanno depositato la richiesta di costituzione di parte civile. Richiesta che dovrebbe essere fatta anche dal fratello della giovane. “A distanza di un anno dalla ribalta mediatica della triste vicenda di una minore di 13 anni stuprata dal branco, a Melito Porto Salvo, si sperava di poter rimettere il grido di giustizia agli scranni della Giustizia ed in quella sede, e solo in quella, occuparsi della turpe vicenda. Invece, con vero rammarico, da parte soprattutto della minore vittima, alcune testate giornalistiche continuano a riproporre gli scenari della vicenda ed a rendere pubblico ciò che dovrebbe dipanarsi in un contraddittorio tecnico nelle aule di giustizia”. È quanto dichiara il sociologo Antonio Marziale, Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Calabria. “Indugiare nelle maglie più pruriginose della turpe vicenda – aggiunge il Garante – equivale a riaprire costantemente le ferite della vittima e su ciò sarò attento e vigile, chiamando alle proprie responsabilità anche le istituzioni preposte ad applicare la mole corposa di leggi esistente per proteggere i minori dagli assalti mediatici”.