E’ stato arrestato in Uruguay, dopo 23 anni di latitanza, il boss della ‘ndrangheta Rocco Morabito, considerato a lungo “il re milanese della cocaina”. Lo ha annunciato il ministero dell’Interno uruguayano. Il boss 51enne è stato arrestato domenica in un hotel nel centro di Montevideo insieme alla moglie, una 54enne angolana con passaporto portoghese. Era al numero uno nella lista dei ricercati della ‘ndrangheta e nei suoi confronti era stato emesso un mandato di cattura ‘rossò dall’Interpol. In attesa dell’estradizione in Italia, dove deve scontare una condanna a 30 anni di carcere per associazione mafiosa e traffico di droga, Morabito è stato incarcerato per tre mesi nel Paese sudamericano per detenzione di documenti falsi e usurpazione di identità. Il boss della cosca di Africo Nuovo risiedeva da 13 anni nella località balneare uruguayana di Punta del Este sotto il nome di Francisco Capeleto, una falsa identità brasiliana che gli aveva permesso di ottenere una carta d’identità. Si sospettava che fosse fuggito in Brasile ma le indagini in Uruguay erano scattate sei mesi fa, dopo che aveva iscritto una figlia a scuola sotto il suo vero nome. Da lì, grazie alla cooperazione tra la Polizia uruguayana e il Dipartimento della Pubblica Sicurezza italiano con il coordinamento della Procura di Reggio Calabria, si era riusciti ad accertare la vera identità del latitante. “L’azione dello Stato contro la criminalità organizzata ha conseguito un altro importante risultato”, ha commentato soddisfatto il ministro dell’Interno, Marco Minniti, che si è complimentato con il capo della Polizia, Franco Gabrielli, e il comandante generale dei Carabinieri, Tullio Del Sette. A Morabito sono stati confiscati una pistola, un coltello, due autovetture, 13 cellulari, 12 carte di credito e assegni in dollari. Originario di Africo, in provincia di Reggio Calabria, feudo della cosca di Peppe ‘u Tiradrittu, Morabito era soprannominato “‘u Tamunga” dalla storpiatura del nome dell’indistruttibile fuoristrada tedesco Dkw Munga. A 25 anni aveva lasciato l’Aspromonte per Milano dove era entrato nel giro dei giovani rampanti del centro per curare lo spaccio di cocaina. Aveva molti ‘rapporti d’affarì con il Sudamerica: nel 1992 aveva tentato di importare 592 chili di cocaina dal Brasile e altri 630 chili nel 1993. La condanna era arrivata nel 1994 dopo che agenti sotto copertura lo avevano sorpreso a pagare 13 miliardi di lire per un carico di droga di quasi una tonnellata.