ROMA. Nel 2016 Reggio Calabria si conferma il capoluogo che maggiormente tartassa le piccole imprese con un Toral tax rate (Ttr) del 73,2%, un pò meno peggio del 2015 (74,9%) ma ben più del 62,4% segnato nel 2011. Seconda per l’incidenza della pressione fiscale sulle piccole imprese è stata Bologna con il 71,9%(-1%), terza Roma (69,1%/-2,6%), quindi Firenze (69%), Catania (68,5%), Bari (68,1%), Napoli (67,8%), Cremona e Salerno (66,8%), Foggia (66,3%), Sassari (66,1%). Agli antipodi si è piazzata Trento, dove il Ttr ha inciso soltanto per il 53,9%. È quanto emerge da ‘Comune che vai, fisco che trovi’, il rapporto 2017 dell’Osservatorio permanente Cna sulla tassazione delle Pmi, giunto alla quarta edizione, che analizza l’andamento della tassazione sulle piccole imprese in 135 città, tra i quali tutti i capoluoghi di provincia. Dopo Trento, tra i capoluoghi più virtuosi seguono Gorizia (54,4%), Cuneo, Imola e Belluno (54,5%), Sondrio (54,8%), Udine (55,2%), Carbonia (55,3%), Arezzo e Mantova (55,7%). Per la Cna “la pressione fiscale in Italia è troppo elevata, qualunque dato si prenda”. Ma il problema vero “risiede piuttosto nella iniqua distribuzione del carico, che si distingue in modo radicale secondo la natura del reddito e svantaggia le imprese, in particolare le piccole imprese personali”. E continua: “La tassazione dei redditi prodotti dalle persone fisiche non può essere diversa a seconda della differente modalità con cui si genera reddito. È arrivato il momento di intervenire su un sistema fiscale evidentemente squilibrato”. Tre gli obiettivi: ridurre la pressione fiscale garantendo, nel contempo, maggiore equità nel prelievo tra diversi redditi da lavoro; invertire sensibilmente la tendenza del trasferimento alle imprese degli oneri sui controlli; usare in modo intelligente la leva fiscale per aumentare la domanda interna.