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L’opinione di Carlo Rippa/ I discorsi di Papa Francesco nella “società liquida”

L’opinione di Carlo Rippa/ I discorsi di Papa Francesco nella “società liquida”

L‘ultima volta che ho scritto, su questo stesso giornale, di “società liquida”, è stato il 10 marzo scorso. L’ho fatto per ricordare la morte del geniale filosofo polacco Zygmun Bauman, avvenuta il 9 gennaio 2017, cui è dovuta l’idea e l’elaborazione dell’originale concetto. Ritorno sull’argomento dopo avere letto il recente discorso di Papa Francesco ai sacerdoti, in occasione della messa celebrata domenica 7 maggio per l’ordinazione dei nuovi preti a San Pietro. Il Pontefice, pronunciando l’omelia, integrata con diverse osservazioni a braccio, ha colto l’occasione per ribadire ai sacerdoti alcuni suoi fondamentali convincimenti e, in particolare: che “la doppia vita dei preti è una brutta malattia della Chiesa”; che occorre “predicare in modo semplice”; che non serve essere “intellettuali ma parlare al cuore”; che è necessario ricordarsi sempre di essere “pastori e non signori, essendo stati eletti dal Signore Gesù non per fare carriera ma per svolgere il loro servizio; che “le parole, senza l’esempio di vita, non servono”. E ha aggiunto che “un presbitero che ha studiato forse tanta teologia e ha fatto una, due, tre lauree ma non ha imparato a portare la croce di Cristo non serve: sarà un buon accademico, un buon professore, ma non un sacerdote”. E’ stato di certo un ulteriore “colpo allo stomaco” del papa cattolico alla sua Chiesa, che mi ha riportato alla mente il discorso durissimo che papa Francesco aveva pronunciato in occasione degli auguri per il Natale 2014 alla Curia Romana. In quella occasione papa Bergoglio elencò minuziosamente tutti i peccati che caratterizzano la complessa macchina curiale e confermò l’urgente necessità di porvi rimedio. Peraltro, dopo avere premesso che: “è bello pensare alla Curia Romana come a un piccolo modello della Chiesa, cioè come a un “corpo” che cerca seriamente e quotidianamente di essere più vivo, più sano, più armonioso e più unito in sé stesso e con Cristo”, affermò che tuttavia anche la Curia era palesemente esposta alle malattie, al malfunzionamento, all’infermità, come dimostrato dalle ben quindici malattie analiticamente descritte dal Pontefice, con la specificazione che non aveva inteso riferirsi esclusivamente alla Curia Romana, perché: “tali malattie e tali tentazioni sono naturalmente un pericolo per ogni cristiano e per ogni curia, comunità, congregazione, parrocchia, movimento ecclesiale, e possono colpire sia a livello individuale sia comunitario”. Quello del 7 marzo u.s. è stato certamente un altro bel discorso, che tuttavia non è servito neppure ad attenuare i toni di una campagna sistematica di delegittimazione, posta in essere da troppo tempo nelle stesse file della gerarchia cattolica e del clero, malgrado le continue e forti spinte innovative operate di continuo dal Pontefice, in particolare sui temi sociali e sui temi etici. E’ pur vero che per molti osservatori di fenomeni ecclesiastici, papa Francesco appare sempre più papa di “annunci” più che di “realizzazioni”. Sul settimanale L’Espresso del 2 aprile scorso, lo scrittore e giornalista Sandro Magister ha scritto testualmente: “…il fattore ‘tempo’ per Bergoglio è sinonimo dell’ “avviare processi”. A lui poco importa la meta, perché ciò che conta è il cammino. E in effetti è così. Con Francesco la Chiesa è divenuta un cantiere aperto. Tutto è in movimento. Tutto è liquido. Non c’è più dogma che tenga. Si può ridiscutere di tutto e agire di conseguenza”. Tutto è liquido, appunto. E così è ineludibile una profonda riflessione sulla straordinaria genialità e lungimiranza del filosofo polacco Zygmunt Bauman il quale, elaborando il concetto di “società liquida”, ha efficacemente spiegato che con la crisi dello Stato e del concetto stesso di comunità, con la crisi delle diverse ideologie, non escluse quelle religiose, con la crisi dei partiti, le uniche soluzioni per l’individuo, senza punti di riferimento, rimangono l’apparire a tutti i costi e il consumismo, nel mentre il ”non senso” continua a prevalere sulla “razionalità” e l’umanità intera appare sempre più assediata da fatti e avvenimenti assolutamente misteriosi. Diventa inoltre pienamente condivisibile l’idea che, proprio all’interno della crisi del concetto di comunità, siano esplose tutte le “emergenze” che caratterizzano il presente, come la trasformazione del lavoro, la globalizzazione, le nuove povertà, il terrorismo, le crescenti migrazioni. Si tratta di fenomeni spaventosi che neppure le più antiche e diffuse ideologie, comprese quelle di natura religiosa, riusciranno verosimilmente a contrastare con sufficiente efficacia. Il professore Umberto Eco, famoso semiologo, filosofo e scrittore, cresciuto nel culto cristiano ma divenuto apostata da ogni fede religiosa, a cominciare da quella cattolica, si è chiesto ripetutamente se c’è un modo per sopravvivere alla “liquidità”, e la sua risposta è stata: “C’è, ed è rendersi appunto conto che si vive in una società liquida che richiede, per essere capita e forse superata, nuovi strumenti. Ma il guaio è che la politica e in gran parte l’intellighenzia non hanno ancora compreso la portata del fenomeno”. Il mistero, dunque, è destinato a perdurare.
Carlo Rippa

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