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Operazione contro la cosca Pesce: 11 fermati

Operazione contro la cosca Pesce: 11 fermati

REGGIO CALABRIA. Una vasta operazione contro la ‘ndrangheta della Polizia di Stato ha portato all’esecuzione di 11 provvedimenti di fermo. Si tratta di elementi di vertice, affiliati e prestanomi della cosca Pesce di Rosarno, in provincia di Reggio Calabria. L’accusa mossa nei loro confronti dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria è di associazione mafiosa, illecita concorrenza con minaccia o violenza, intestazione fittizia di beni, favoreggiamento personale nei confronti del boss latitante Marcello Pesce, arrestato dalla polizia l’1 dicembre 2016, nonché di traffico e cessione di sostanze stupefacenti. L’operazione è stata chiamata in codice “Recherche”. Fra gli arrestati ci sono diversi fiancheggiatori che curavano e gestivano la latitanza di Marcello Pesce, fungendo da “vivandieri”, assicurandone i collegamenti con gli altri membri della cosca e, più in generale, con i familiari; procurando appuntamenti con soggetti terzi o riportando e trasmettendo i messaggi del boss latitante. I fiancheggiatori mettevano a disposizione quanto era necessario a protrarre lo stato di latitanza di Pesce; provvedevano, secondo gli inquirenti, alla sua assistenza “morale e materiale” creando, a tal fine, di una rete di sostegno e di tutela, così come avvenuto con l’effettuazione delle staffette dirette ad evitare l’intervento delle forze dell’ordine sia a supporto dei vari spostamenti del latitante sia quando i sodali, i familiari o altre persone si recavano nei covi. Nell’elenco degli arrestati figura il nome di Rocco Pesce, figlio di Marcello. Rocco Pesce, secondo la Polizia, è componente del primo livello della filiera di comunicazione con il padre durante la latitanza. Era lui che, seguendo le direttive del padre, si occupava del controllo e del coordinamento delle attività delittuose, teneva i rapporti con gli altri affiliati e con gli esponenti di vertice di altre cosche. Inoltre gestiva alcune aziende agricole, un centro scommesse intestati a prestanomi e un fiorente traffico di sostanze stupefacenti. Le indagini della Squadra Mobile di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato avrebbero consentito di ricostruire nei minimi particolari i movimenti dei sodali del boss attraverso le immagini registrate dalle telecamere installate lungo i percorsi stradali che conducevano al covo del latitante a Rosarno, dove Marcello Pesce è stato localizzato e arrestato il 1* dicembre 2016 grazie ad un blitz curato in ogni dettaglio. L’analisi degli spostamenti effettuati da Filippo Scordino e dagli altri fiancheggiatori arrestati nel corso della notte, ha permesso agli investigatori della Polizia di Stato di comprendere che egli aveva assunto un ruolo sempre più importante nella gestione della latitanza di Pesce, di cui eseguiva gli ordini.

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