Partita la campagna referendaria della Cgil: i camper del “Comitato per il Sì” sono partiti per attraversare il Paese e sostenere i due referendum, contro i voucher e per la piena responsabilità solidale negli appalti. La campagna “Libera il lavoro. Con 2 Sì Tutta un’altra Italia” parte, anche se una data certa per le consultazioni ancora non c’è, perché il governo non ha ancora provveduto a fissarla. «Si fissi la data del referendum», continuano a ripetere Susanna Camusso e i suoi. E le fanno eco i dirigenti di buona parte della sinistra. Ma le orecchie di Paolo Gentiloni, al momento, sono sorde all’appello.
Abolire i voucher. Per la Cgil sono spesso un modo per “mascherare” il lavoro nero, mentre per il governo favorirebbero l’emersione del lavoro nero. I buoni lavoro vengono acquistati – comodamente in tabaccheria – dal datore di lavoro e vengono poi consegnati al lavoratore che, per riscuoterli, aspetta spesso diverse settimane. Il taglio più piccolo vale 10 euro e, al netto delle tasse, corrisponde a un compenso netto di 7,5 euro. Il resto viene incassato dall’Inail e Inps, che in cambio forniscono una copertura contributiva e assicurativa. I voucher – che in ogni caso favoriscono l’aumento del precariato – sono stati introdotti per la prima nel 2003 e nel corso degli anni la possibilità di utilizzarli è stata molto ampliata. Già prima del Jobs Act del governo Renzi erano diffusi, ma con la riforma del Lavoro si è alzato il tetto massimo da 5 a 7mila euro netti in un anno. Ed è aumentato il ricorso ai voucher: del 32% nei primi dieci mesi del 2016 e del 67% nei primi dieci mesi del 2015. Le «leggere e poco rilevanti» modifiche ai voucher previste dal Job Act hanno in realtà riscritto la normativa, perciò abolendo alcuni articoli del Job Act è possibile cancellare lo strumento dei voucher, anche se di fatto è stato introdotto da un’altra legge più di dieci anni prima.
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