Al crocevia fra le Marche, il Lazio e l’Umbria, nella notte fra martedì 23 e mercoledì 24 agosto la terra ha tremato un’altra volta. Lo aveva già fatto pochi anni fa, non lontano dagli stessi luoghi e lo farà ancora, chissà dove e quando perché, purtroppo, la scienza non può ancora operare con il necessario supporto delle più evolute strutture di ricerca internazionali, e potendo utilizzare, nel contempo, gli ingentissimi mezzi economico-finanziari indispensabili per la esatta determinazione dei luoghi e dei tempi dove si verificheranno i tremori della terra. Al momento, la scienza ha potuto, al massimo, elaborare mappe di rischio e studiare le serie storiche del passato, per definire le zone a più alto rischio di eventi sismici. Costruire un modello attendibile, in grado di stabilire con esattezza dove, come e quando colpirà un terremoto è, allo stato, “impossibile”, e lo sarà per molto altro tempo ancora se l’uomo non riuscirà a modificare la sua stessa natura, cessando di privilegiare il suo insaziabile egoismo personale a scapito del “bene comune”. In ogni caso non v’è alcun dubbio che, in presenza della richiamata “impossibilità” a prevedere il terremoto, sarebbe assolutamente inevitabile praticare la “prevenzione”, in modo corretto e sistematico, per eliminare o almeno ridurre notevolmente il numero delle vittime. A tale fine, io credo che sarebbe sufficiente “copiare” quel che avviene negli altri Paesi con riferimento alle analoghe calamità. In Giappone, ad esempio, dove terremoti di magnitudo molto più elevate si verificano con incredibile frequenza, le case, i palazzi, i grattacieli (non le case di bambù, come è stato detto in televisione da un giornalista chiaramente “distratto”), oscillano notevolmente e tuttavia non crollano. E le persone non muoiono o ne muoiono molto meno. Questo accade perché in quello Stato è obbligatorio applicare materiali e criteri di costruzione molto più “evoluti” per la realizzazione del patrimonio immobiliare, nonchè più efficienti metodi di gestione e di controllo del territorio. Tutto ciò in Italia non succede. Da noi si vive in “stato di permanente emergenza”, soprattutto perché la politica è in crisi irreversibile e non riesce a risolvere, in modo omogeneo, i vari problemi del nostro tempo, dai più semplici ai più devastanti, caratterizzata ormai da gravissime malattie quali l’incompetenza, la corruzione, l’immoralità, la connivenza dilagante con i poteri criminali e le lobby. Emerge sempre più forte un individualismo sfrenato, dove ciascuno si sente antagonista dell’altro, da cui è prudente guardarsi; e la conseguenza inevitabile è la nascita di una società “liquida”, in cui il non senso prende spesso il sopravvento sulla razionalità, con conseguenze poco rassicuranti. Ma ritorniamo, prima di concludere, al recente terremoto dell’Italia centrale. Se è relativamente vero che “non si poteva prevedere” quello che è accaduto, è altrettanto vero che poteva essere facilmente previsto il “dopo-terremoto”. Mi riferisco, in particolare, allo spettacolo impietoso del disastro, del dolore, del sostegno istituzionale espresso da Ministri, vice Ministri e alte personalità dello Stato, dei troppi corrispondenti dei media, immediatamente accorsi sui luoghi della tragedia con i microfoni decisamente puntati sui volti disfatti dal dolore dei sopravvissuti, in fiduciosa attesa di una qualche risposta alle loro domande spesso banali e sempre inopportune. Credo di interpretare il sentimento di molti italiani se affermo che, a mio giudizio, quello spettacolo poteva e doveva essere evitato, anche perché si è trattato di una narrazione già scritta e sceneggiata tante altre volte. Si sarebbe peraltro evitato il profluvio di parole emerso da molte parti e, soprattutto, il rumore, nel mentre le circostanze avrebbero avuto assoluto bisogno di silenzio. Così è rimasto soltanto il dolore, che il tempo potrà forse lenire senza mai estinguere. In ogni caso, fra qualche giorno lo spettacolo finirà. Le belle parole, da chiunque proferite, saranno dimenticate. Le promesse fatte, dopo una serie di più o meno motivati rinvii, resteranno disattese, come è avvenuto in occasione di analoghe tragedie accadute sul nostro territorio anche moltissimi anni fa. Tuttavia mi rendo conto che tutto questo è forse inevitabile. L’Italia è un Paese fantastico. Crede nei miracoli e pertanto ritiene che tutto sia possibile, nel bene come nel male. Se l’altro ieri si è verificato un terremoto, domani potrebbe ricominciare a scendere la manna dal cielo per sfamare tutti i poveri della terra. E’ sufficiente avere fiducia e sapere attendere. Anche la classe politica e, più in generale, la classe dirigente del Paese, prima o poi, potrebbe ricevere un provvidenziale impulso divino, e imparare perfettamente come si possa amministrare la “cosa pubblica” per il bene di tutti; come sia possibile resiste alle tentazioni dei corruttori, dei potenti, della criminalità più o meno organizzata, della massoneria; quanto sia edificante fare prevalere sempre lo “spirito” sulla ” carne”, come raramente accade. E’ sufficiente che si verifichi un miracolo. Basta solo aspettare. Ma quanto?
Carlo Rippa