REGGIO CALABRIA. Dalle prime ore di venerdì mattina a Reggio Calabria operazione della Polizia di Stato per l’esecuzione di alcuni fermi di indiziato di delitto, disposti dalla Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di soggetti ritenuti responsabili di un omicidio e due tentati omicidi aggravati dalla premeditazione. Ai fermati si contestano anche detenzione e porto abusivo di armi da fuoco e ricettazione, aggravati dalla circostanza di aver commesso i fatti per agevolare le attività della ‘ndrangheta ed in particolare della sua articolazione territoriale operante a Calanna. Eseguite anche numerose perquisizioni. Il tentato omicidio di un pentito e l’omicidio della persona che era con lui: c’è anche l’agguato compiuto il 3 aprile scorso in cui è stato ucciso Domenico Polimeni, di 48 anni, con precedenti di polizia, e ferito gravemente il collaboratore di giustizia Giuseppe Greco, di 46, tra gli episodi contestati alle persone fermate dalla Polizia di Stato a Reggio Calabria. I due erano affacciati ad un balcone dell’abitazione di Greco quando, dalla strada, un sicario giunto a bordo di un’automobile, sparò alcuni colpi di fucile. Secondo le prime indagini della squadra mobile di Reggio Calabria, l’agguato sarebbe stato da ricondurre a fatti recenti e non alla decisione di Giuseppe Greco – figlio del presunto boss dell’omonima ‘ndrina Francesco “Ciccio” Greco morto a Reggio Calabria per cause naturali – di collaborare con la giustizia, decisione che risale ad alcuni anni fa. Sarebbe stato infatti uno scontro interno alla famiglia Greco di Calanna, comune dell’hinterland reggino, all’origine dell’omicidio e dei due tentati omicidi per i quali la squadra mobile reggina, su disposizione della Dda, ha eseguito il fermo dei presunti mandanti ed esecutori. Il conflitto all’interno della cosca, secondo la ricostruzione degli investigatori della Polizia di Stato, sarebbe nato per l’affermazione della leadership e il dominio criminale nel piccolo comune. Oltre all’omicidio di Domenico Polimeni, di 48 anni, e Giuseppe Greco, di 46, avvenuto il 3 aprile scorso, gli indagati sono accusati anche del tentato omicidio di Antonino Princi (45) anni, ferito il 9 febbraio scorso, e sfuggito alla morte al termine di un inseguimento in auto. Nel corso dell’operazione, denominata Kalanè, sono stati impiegati 80 uomini della Polizia di Stato. L’inchiesta della Dda ha accertato che i sicari dei due schieramenti in lotta, prima di agire, hanno individuato accuratamente le abitudini delle vittime, i tempi ed i luoghi in cui colpirle con l’uso di fucili e pistole. C’è anche Giuseppe Greco, di 46 anni, il pentito ferito il 3 aprile scorso in un agguato nel quale fu ucciso Domenico Polimeni, tra le persone fermate dalla squadra mobile di Reggio Calabria su disposizione della Dda per un omicidio e due tentati omicidi commessi all’inizio dell’anno nell’ambito di una faida interna alla famiglia Greco di Calanna. Gli altri fermati sono Domenico Provenzano (21), ed i fratelli Antonio e Giuseppe Falcone, di 45 e 39 anni. Ricercato, invece, Antonino Princi (45) già irreperibile da alcuni mesi. Secondo la ricostruzione dell’accusa, Giuseppe Greco – figlio dello storico boss di Calanna don Ciccio Greco – aveva progettato di uccidere Antonino Princi all’uscita dell’impianto di trattamento dei rifiuti nel quartiere Sambatello di Reggio, dove lavorava come operaio. Per attuare il progetto, il 9 febbraio scorso, dopo avere studiato le abitudini della vittima, insieme ad un complice avrebbe messo in atto l’agguato sparando numerosi colpi di fucile e pistola contro l’auto sulla quale viaggiava Princi che riuscì a salvarsi grazie ad una serie di manovre che lo portarono prima a sfondare il cancello dell’impianto dove lavora, quindi a nascondersi in un luogo non conosciuto dai sicari. Il tentato omicidio, secondo le indagini della squadra mobile reggina, avrebbe innescato la vendetta. E così, la sera del 3 aprile successivo, i fratelli Provenzano, indicati come fidatissimi sodali di Princi, si appostarono sotto l’abitazione dove Greco si era rifugiato e lo ferirono gravemente quando si affacciò al balcone. Nell’occasione fu ucciso Polimeni che aveva dato ospitalità a Greco. Le indagini della Squadra Mobile si sono basate essenzialmente sui risultati delle intercettazioni telefoniche, ambientali e delle video riprese disposte dalla Dda. Dagli elementi acquisiti sarebbe emerso che all’interno della famiglia Greco è scaturito un conflitto interno con l’ascesa al potere criminale di Antonino Princi, il quale, approfittando dell’assenza dalla Calabria di Giuseppe Greco e del periodo di collaborazione con la giustizia che quest’ultimo aveva avviato dopo il suo arresto nell’ambito dell’Operazione “Meta”, aveva accentrato su di sé il controllo delle attività illecite nella zona di Calanna e Sambatello, feudo storico ed incontrasto della famiglia Greco, alla quale Princi è legato anche da rapporti di parentela. Secondo l’accusa, quindi, Greco, sentendosi esautorato, avrebbe deciso di eliminare Princi senza però riuscirci e scatenando la reazione della vittima.