Le mani della ‘ndrangheta sui subappalti dell’Expo: 13 arresti tra Lombardia e Calabria
MILANO. I Carabinieri hanno eseguito in Lombardia e Calabria 13 arresti, su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Milano, nei confronti di altrettanti indagati per associazione di tipo mafioso. L’indagine è diretta dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini. Gli arresti sono stati eseguiti nelle province di Milano, Como, Monza-Brianza, Vibo Valentia e Reggio Calabria. I 13 indagati sono accusati di associazione di tipo mafioso, detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di denaro di provenienza illecita, abuso d’ufficio, favoreggiamento, minacce e danneggiamento mediante incendio. Al centro delle indagini del Ros dei Carabinieri due gruppi della ‘ndrangheta radicati nel Comasco, con infiltrazioni nel tessuto economico lombardo. Accertati, secondo le indagini, gli interessi delle cosche in speculazioni immobiliari e in subappalti di grandi opere connesse ad Expo 2015. Gli arrestati nell’operazione portata a termine dai carabinieri, secondo quanto si è saputo, avevano contatti con esponenti del mondo politico, istituzionale, imprenditoriale e bancario da cui ottenevano vantaggi, notizie riservate e finanziamenti. In particolare avevano rapporti con un agente di polizia penitenziaria, un funzionario dell’Agenzia delle Entrate, un imprenditore immobiliare, attivo anche nel mondo bancario e con dei consiglieri comunali di comuni nel Milanese. Sono due i provvedimenti restrittivi eseguiti in Calabria nell’ambito dell’inchiesta condotta dai carabinieri del Ros di Milano e coordinata dalla Procura distrettuale antimafia milanese su due gruppi della ‘ndrangheta radicati nel Comasco, con infiltrazioni nel tessuto economico lombardo. A San Costantino, nel vibonese, è stato arrestato Antonio Denami, 34 anni, ritenuto in contatto con la famiglia Galati, originaria del vibonese ma da tempo stanziata a Como. L’uomo è accusato di associazione per delinquere semplice, porto abusivo di armi, minacce e danneggiamenti. Il secondo provvedimento è stato notificato ad un altro vibonese, attualmente detenuto nel carcere di Reggio Calabria per esigenze processuali e già arrestato nell’ambito dell’operazione “Infinito” coordinata dalla Dda di Milano. Al centro delle indagini del Ros – si precisa in una nota – due sodalizi della ‘ndrangheta radicati nel comasco “con diffuse infiltrazioni nel tessuto economico lombardo. Accertati, tra l’altro, gli interessi delle cosche in speculazioni immobiliari e in subappalti di grandi opere connesse ad Expo 2015”. Al momento non è chiaro a che livello e in quali opere sia stato documentato l’interesse dei gruppi criminali oggetto dell’indagine della Dda di Milano. Tra gli arrestati nell’operazione del Ros dei carabinieri sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia c’è anche un ex consigliere del Comune di Rho (Milano), Luigi Calogero Addisi. È accusato di riciclaggio e abuso d’ufficio con l’aggravante di aver favorito l’associazione mafiosa. Avrebbe riciclato denaro per l’acquisto di un terreno nella zona di Rho per poi votare a favore in Consiglio comunale della destinazione d’uso che ne avrebbe aumentato il valore. Luigi Calogero Addisi, eletto con il PD alle amministrative nel 2011 e anche parente della famiglia Mancuso, si era dimesso nei mesi scorsi, dopo che il suo nome era già emerso nell’inchiesta della primavera scorsa sulla presenza della ‘ndrangheta a Lecco e nella zona del lago di Como. Dalle carte di quell’indagine, infatti, era saltato fuori che il consigliere comunale di Lecco, Ernesto Palermo, finito in carcere lo scorso 2 aprile, si sarebbe offerto di mettere a “disposizione” di Mariolina Moioli, ex assessore del Comune di Milano, il “proprio bacino elettorale e quello di altri politici in collegamento con famiglie calabresi” come Antonio Oliverio, ex assessore provinciale di Milano e Luigi Calogero Addisi. Secondo l’accusa, Addisi – che è stato anche in Forza Italia e alle politiche del 2006 candidato nella lista dell’Udeur – avrebbe riciclato parte del denaro della cosca Galati per l’acquisto di un terreno a Lucernate di Rho per poi votare a favore in Consiglio comunale della destinazione d’uso che ne avrebbe aumentato il valore. Su di lui l’attenzione degli investigatori del Ros si è incentrata quando, in un controllo nell’abitazione di Pantaleone Mancuso, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Limbadi, erano stati trovati proprio Addisi e due fratelli della moglie di Addisi, nipoti di Pantaleone Mancuso, ai vertici della cosca ‘ndranghetista. Tra le persone destinatarie di un’ordinanza di custodia cautelare nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Milano sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta al nord, ci sono anche quattro “appartenenti” alla famiglia Galati radicata in provincia di Como e che sarebbe espressione in Lombardia della cosca dei Mancuso, operante nella provincia di Vibo Valentia. Tra i presunti ‘ndranghetisti destinatari dell’ordinanza firmata dal gip di Milano Alfonsa Ferraro, su richiesta del procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini e dei pm Paolo Storari e Francesca Celle, figura, infatti, il presunto boss Antonio Galati, ritenuto il capo dell’organizzazione, padre di Giuseppe Galati e zio di Giuseppe Galati, anche loro destinatari delle misure cautelari come Fortunato Galati. Una società riferibile a Giuseppe Galati avrebbe acquisito lavori nell’appalto per la costruzione della Tangenziale Est Esterna Milano, una delle tante grandi opere connesse all’Expo del 2015. È quanto emerge dagli atti dell’inchiesta. La società Skavedil risulterebbe ora formalmente detenuta dai cognati di Giuseppe Galati. Un’impresa di Giuseppe Galati, presunto boss della ‘ndrangheta in Lombardia, tra i destinatari delle misure cautelari eseguite, “ha avuto la certificazione antimafia” per lavorare in due subappalti del valore di “450mila euro” per la tangenziale esterna di Milano. Lo ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini, nel corso della conferenza stampa. Il procuratore capo, Edmondo Bruti Liberati, ha chiarito “ci sarà una segnalazione alla Prefettura che ha già svolto un lavoro imponente per l’Expo”. Boccassini ha spiegato che l’impresa riconducibile a Giuseppe Galati è riuscita ad ottenere la certificazione antimafia per lavorare nei subappalti dell’opera collegata all’esposizione Universale, “ordinando che le sue quote nella società passassero ai suoi cognati”. L’impresa ha così ottenuto da una azienda di Modena, appaltante per l’opera, due subappalti. Secondo Boccassini, è difficile pensare che “si poteva non sapere a chi si davano quei subappalti”. Sia Boccassini che Bruti Liberati hanno chiarito che segnaleranno alla prefettura di Milano la società riconducibile al presunto boss. Bruti Liberati inoltre ha spiegato che “i controlli sulle aziende che stanno lavorando sulle opere di Expo o su quelle collegate hanno una estensione enorme e la prefettura ha emesso già una sessantina di misure interdittive nei confronti di aziende, facendo un lavoro imponente”. Riguardo a questo caso specifico, ha aggiunto Bruti, “trasmetteremo gli atti alla prefettura”. Dopo l’operazione Infinito, quella con cui nel 2010 era stata smantellata la ‘ndrangheta in Lombardia, “nulla cambia. È una riflessione da fare.” E per uscire dall’associazione mafiosa ci sono due modi “o con la morte o diventi collaboratore e ti dai allo Stato”. Lo ha detto Ilda Boccassini nel corso della conferenza stampa. Il procuratore aggiunto Boccassini, durante la conferenza stampa alla quale hanno partecipato i vertici dei carabinieri di Milano e il capo del Ros, il generale Mario Parente, riguardo all’operazione di questa mattina che ha portato in carcere 13 persone, ha spiegato che si tratta di “un segmento di notevole importanza perché conferma quanto sancito dalla Cassazione con Infinito” e cioè dell’ “esistenza in Lombardia delle locali” le quali hanno “autonomia nella nostra regione con un controllo capillare del territorio”. Ilda Boccassini, che è coordinatore della Dda milanese, a proposito di alcuni episodi emersi dall’indagine condotta dai pm Paolo Storari e Francesca Celle, ha ribadito che “denotano quanto è capillare l’infiltrazione ed è pesante. E quando l’organizzazione è in pericolo si reagisce con una violenza inaudita”. Ecco i nomi delle 13 persone, in gran parte appartenenti alla famiglia Galati a sua volta “espressione della cosca mafiosa dei Mancuso”, arrestate nell’operazione coordinata dalla Dda milanese e condotta dai carabinieri del Ros. – Luigi Calogero Addisi, 55 anni, originario di San Calogero (Vibo Valentia), residente a Rho, centro nel milanese dove ha ricoperto la carica di consigliere comunale. Risulta imparentato con alcuni esponenti di vertice della cosca Mancuso di Limbadi, in Calabria. – Fortunato Bartone, 41 anni, originario di Mileto e residente a Giussano, in Brianza. È accusato anche di tentate minacce nei confronti della direttirice del carcere di Monza. – Antonio Denami, 25 anni, originario di Vibo Valentia, già agli arresti domiciliari per estorsione, è accusato anche non solo di tentate minacce nei confronti della direttirice del carcere di Monza ma di aver incendiato l’auto di un vigile urbano – Antonio Galati, 62 anni, originario di Mileto, residente a Cabiate (Como), ritenuto esponente apicale dell’organizzazione in Lombardia – Fortunato Galati, 36 anni, originario di Vibo Valentia, già detenuto per omicidio; – Giuseppe Galati, 43 anni, originario di Castellana Sicula (Palermo), già detenuto per traffico di stupefacenti. È anche accusato di tentate minacce nei confronti della direttrice del carcere di Monza. – Giuseppe Galati, 35 anni, originario di Vibo Valentia, residente a Cabiate (Como), imprenditore nel settore dei compro-oro, figlio del principale indagato, Antonio Galati; – Franco Monzini, 65 anni, originario di San Benedetto Po (Mantova), residente a Milano, imprenditore edile, protagonista di un investimento immobiliare in una società occulta con Antonio Galati. – Salvatore Muscatello, 80 anni, originario di Amato, agli arresti domiciliari per una condanna per associazione mafiosa in seguito al processo “Infinito”. È ritenuto il capo della locale di ‘ndrangheta di Mariano Comense (Como). – Alberto Pititto, 39 anni, originario di Vibo Valentia, commerciante di automobili a Mariano Comense e Cantù, e ritenuto persona a disposizione della famiglia MUSCATELLO. – Matteo Rombolà, 27 anni, originario di Seregno, (Monza-Brianza), titolare di un panificio a Mariano Comense, cognato di Fortunato Galati. – Saverio Sorrentino, 53 anni, originario di Francica, ritenuto “braccio destro” di Antonio Galati. – Luigi Vellone, 54 anni, originario di Serra San Bruno, residente a Gessate (Milano), imprenditore in diversi settori, protagonista di un investimento immobiliare in società occulta con Antonio Galati.