COSENZA. Avrebbe sparato in preda all’ira, pensando di colpire l’uomo che riteneva colpevole del mancato pagamento dello “stipendio” dovutogli dal clan mafioso a cui sarebbe legato. Vittima incolpevole della sua furia il 26enne Antonio Taranto, ucciso il 29 marzo scorso a Cosenza; autore del delitto sarebbe stato Domenico Mignolo, 28enne cosentino, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine e personaggio ritenuto contiguo alla cosca di ‘ndrangheta ‘Rango-Zingarì. All’uomo, già detenuto per altri reati, i Carabinieri di Cosenza hanno notificato stamane un nuovo provvedimento restrittivo emesso, su richiesta della Procura della Repubblica, dal gip del locale tribunale. Secondo gli investigatori, l’uomo avrebbe fatto fuoco dal balcone della sua abitazione colpendo nel mucchio la persona sbagliata. Le indagini, condotte dal reparto operativo dei Carabinieri, sono state coordinate dalla procura della Repubblica della città dei Bruzi. Secondo gli inquirenti, il 28enne presunto omicida era particolamente adirato per non aver ricevuto ‘lo stipendiò dal proprio clan nel periodo in cui era stato detenuto. A far da detonatore alla sua rabbia sarebbe stata poi una banale lite in discoteca avvenuta poco prima e che avrebbe avuto come protagonista l’omicida ed alla quale il giovane ucciso era comunque estraneo. Mignolo, tra l’altro, è indicato dagli inquirenti come personaggio dal carattere irascibile e sarebbe autore di una serie di intimidazioni per conto del clan. In particolare sarebbe l’autore dell’incendio delle auto del sindaco e del vicesindaco del comune di Marano Marchesato, nei confronti dei quali è accusato anche di tentata estorsione. A mettere gli inquirenti sulla pista giusta, come spiegato durante una conferenza stampa dal procuratore aggiunto Marisa Manzini, sono state intercettazioni e dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia. Taranto era stato ucciso nella notte tra il 28 e il 29 marzo scorso nel quartiere di via Popilia. “La direzione presa subito dopo le indagini si è rivelata quella giusta – Manzini – e tutto si sarebbe originato da una lite avvenuta in discoteca, che poi è degenerata, fino a giungere all’omicidio, in un altro luogo”. Dal canto suo il comandante provinciale dei Carabinieri, Fabio Ottaviani, ha spiegato che le perizie balistiche hanno fatto capire che lo sparo arrivava da un balcone. “All’inizio la cosa sembrava più complicata, ma poi si è capito – ha detto Ottaviani – che Taranto si era, come è comprensibile, chinato al rumore degli spari, per evitare che lo colpissero, e la traiettoria dell’ingresso del proiettile che lo ha ucciso sembrava mostrare un’altra dinamica”. Dunque, una tragica fatalità. Taranto era un giovane noto a Cosenza per la sua passione per le moto. La vicenda aveva destato scalpore proprio per l’estraneità della vittima ad ambienti criminali.