Strutture territoriali sanitarie e sociosanitarie calabresi ai ferri corti con i Commissari del Piano di rientro
Il Commissario Scura e il sub commissario Urbani hanno inviato una “inaspettata” (così viene giudicata) nota di convocazione ai Commissari delle Aziende sanitarie provinciali e al Dirigente generale del Dipartimento Tutela della Salute della Regione Calabria, sollecitando la necessità di giungere al più presto alla stipula dei contratti 2015 “entro e non oltre” la giornata di lunedì 30 novembre p.v. facendo notare che “in caso di mancata sottoscrizione, saranno avviate le procedure di sospensione degli accreditamenti agli erogatori che non firmeranno” (il che significherebbe, in parole povere, la chiusura delle strutture, o almeno il loro obbligato e forzato passaggio ad un regime di prestazioni a pagamento, dunque a costo diretto dei pazienti, senza più alcuna copertura degli oneri a carico dell’Ente regionale).
“Siamo a fine anno – fanno notare le Associazioni di categoria, con in testa Uneba riunita in assemblea nella sede di Via Lucrezia della Valle a Catanzaro con la contestuale presenza dei rappresentanti di Anaste, Aris, Agidae, Calabria Crea – e la Regione Calabria pretenderebbe di far firmare a noi erogatori, convenzioni che prevedono ‘tetti di spesa’ addirittura insufficienti a coprire l’acquisto delle prestazioni già di fatto erogate dall’inizio del 2015 ad oggi. Insomma, un paradosso, o un non-sense, aggravato dal fatto che proprio di recente è stata modificata la normativa in materia di tariffazione delle prestazioni, che prevedono tra l’altro l’inserimento di una ‘tariffa unica’ che, seppur già concordata tra le parti, non è stata neanche questa ancora approvata dal Commissario…“.
Uneba fa notare come la Regione avesse assicurato che si sarebbe proceduto alla stipula degli accordi solo dopo aver risolto le problematiche in essere, anche ai sensi delle intervenute modifiche normative regionali. Come detto, non è però andata così, e gli erogatori si sentono ora sottoposti ad un diktat che non tiene alcun conto delle loro legittime e motivate richieste.
Fino allo scorso anno il tetto di spesa era stato individuato in base ad un tariffario vigente, poi dichiarato inefficace dalla stessa Regione, e sostituito da altro, su “retta unica”, nemmeno poi approvato. “Insomma – spiega Uneba – si individua un tetto di spesa assolutamente aleatorio, a prescindere dal costo della singola prestazione, e quindi dal reale fabbisogno del territorio e dei pazienti. A ciò, è da aggiungersi il fatto che nelle more è intervenuta altra modifica tariffaria, in vigore fino allo scorso giugno 2015 a seguito di sentenza del Tar di Catanzaro che ha accolto le richieste dell’Uneba e quindi ha riconosciuto le spettanze dovute alle strutture da gennaio 2010 a giugno 2015“.
Ma v’è di più: le strutture del tipo sociosanitario (Rsa e case protette) sin dall’anno 2010 affrontano il problema dell’omesso pagamento della quota sociale (sempre a carico della Regione) che ogni anno dota il relativo capitolo di spesa di una somma di 15 milioni di euro, inadeguata e insufficiente a coprire l’effettivo fabbisogno, eppure appunto sempre identica. La somma copre di fatto di una sola parte (calcolata in circa 4-5 mesi) di prestazione erogate.
Gli erogatori da anni sono costretti a rivolgersi alla competente autorità giudiziaria per ottenere quanto dovuto dalla Regione, con grave danno per se stessi e per la medesima Regione Calabria che risulta continuamente soccombente all’esito dei giudizi, condannata al pagamento del dovuto, gravato di interesse moratori e spese legali… I giudici, a dimostrazione dell’infondatezza e dell’inconsistenza degli assunti difensivi, nel condannare l’Ente, trasmettono gli atti alla competente Procura della Repubblica presso la Corte dei Conti, ravvisando estremi di danno erariale a carico degli amministratori regionali. Nonostante tutto la Regione continua a dotare il relativo capitolo di spesa dell’identica somma, inadeguata nei fatti, dal lontano 2010. Il problema non vede dunque soluzione, con la Regione che continua ad affidare incarichi ai propri legali, costituendosi comunqsanitue nei giudizi, sostenendo evidenti infondate e assurde tesi difensive, nei fatti mai accolte.
L’assemblea di Uneba si è aperta con un “fuori programma” che ha approfondito l’increscioso tema del ritardo nel pagamento delle contabilità da parte della committenza pubblica (circa 50 milioni di euro per la gestione ordinaria e altrettanti per gli adeguamenti delle rette 2010-2015). Questa carenza di liquidità, sta portando la maggior parte delle strutture a rivolgersi a specialistici studi finanziari per “cartolarizzare” parte dei crediti vantati, con una perdita purtroppo significativa. Per poter garantire liquidità corrente, le stesse strutture si sono confrontate anche su soluzioni finanziarie alternative attraverso forme di “pro solvendo e pro soluto”. Ciò comporterà comunque nei confronti della Regione non solo ulteriori costi finanziari, ma anche la reale possibilità che la stessa Regione debba risarcire le strutture per conseguenti danni patrimoniali.
Uneba e le altre Associazioni, pur determinate a non procedere alla firma degli accordi per le ragioni sopraesposte alle Autorità regionali competenti, hanno chiesto alla Regione di posticipare la stipula degli accordi dopo aver risolto le contraddizioni e le problematiche evidenziate che ne pregiudicano la fattibilità, per intervenire così a favore della composizione di una vertenza decisiva e non procrastinabile per il buon funzionamento dell’intero settore territoriale, per quanti ci lavorano e soprattutto per quanti ne usufruiscono.