RENDE. La gran parte degli imprenditori possiede un livello di istruzione medio-alto. Nove soggetti su 10 non fanno parte di alcuna rete di impresa. Molti giovani capi d’azienda che alimenta il proprio know-how. Poco significativo l’impiego del world wide web e degli strumenti social per fare impresa. Migliora il clima di fiducia degli imprenditori per il 2016. È quanto emerge dal rapporto annuale Bcc Mediocrati – Demoskopika sull’andamento dell’economia locale presentato a Rende. “Molte indagini sul fenomeno imprenditoriale – dichiara il presidente della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati, Nicola Paldino – hanno evidenziato come il livello di istruzione e formazione degli imprenditori rappresenti una variabile rilevante, con effetti significativi sui risultati conseguiti dalle imprese stesse in termini di probabilità di sopravvivenza, crescita del fatturato, dell’occupazione, profittabilità, propensione all’innovazione e valorizzazione del capitale umano”. “Ciò ovviamente – aggiunge Nicola Paldino – non significa che per essere oggi un buon imprenditore sia necessario avere una laurea o un diploma, ma che, a parità di esperienza un imprenditore laureato o diplomato raggiunge migliori risultati di uno con un basso livello di istruzione. In questo scenario l’innalzamento del livello della formazione di tipo formale di chi fa impresa è dunque di per sé un obiettivo auspicabile. Ancora più importante è che a ciò si aggiunga una maggiore attenzione per la formazione imprenditoriale, a tutti i livelli di istruzione, al fine di potenziare sia le attitudini che le competenze legate all’imprenditorialità”. Il direttore dell’Istituto Demoskopika, Nino Floro, ha evidenziato che “l’importanza di puntare su un capitale umano di livello, muove dalla consapevolezza che un bagaglio di conoscenze inadeguato produce effetti distorsivi, intrappolando in un circuito vizioso i soggetti le cui decisioni hanno un peso elevato nel governare e orientare i processi di allocazione delle risorse aziendali. I potenziali effetti distorsivi e il costo di decisioni inadeguate aumentano, infatti, con la quantità di risorse governate dal decisore. Ridotti livelli di qualificazione di chi ha responsabilità di governo dell’impresa – conclude Nino Floro – si traducono, inevitabilmente, in un basso profilo della domanda di capitale umano e di conoscenza, che a sua volta genera ridotti rendimenti dell’istruzione e, quindi, minori incentivi ad investire nello stesso capitale umano”. La top three di chi imprende: temerario, decisionista e creativo. Per comprendere le principali caratteristiche presenti negli imprenditori locali, agli intervistati è stato chiesto di individuare quale tratto personale dovrebbe possedere, a loro giudizio, un imprenditore tra una lista di 10 personal traits ritenuti più comuni dagli studiosi. In testa con lo stesso grado di importanza gli imprenditori indicano la propensione al rischio con il 45,5%, e la capacità decisionale 43,3%, seguiti non molto distante dalla creatività, qualità questa indicata da oltre un terzo del campione, il 36,6%. Competenze: Ben 8 soggetti intervistati su 10 scelgono la profonda conoscenza del settore in cui operano quale competenza prioritaria da possedere. Istruzione: prevalgono i “capi d’azienda” con un livello medio-alto. Oltre l’80% degli imprenditori cosentini presenta un livello di istruzione medio-alto, di questi la maggioranza, il 52,9%, ha conseguito un diploma di scuola media superiore e il 28,7% possiede un titolo universitario. Formazione manageriale: Dall’indagine Bcc Mediocrati – Demoskopika è emerso che oltre ad un medio-alto tasso di scolarità, una percentuale non trascurabile di imprenditori cosentini presenta anche un’elevata propensione allo studio e alla formazione riconoscendo che una preparazione adeguata costituisce un presupposto essenziale per mantenere elevati i livelli di competitività aziendale. Oltre il 30% del campione ha dichiarato di aver svolto negli ultimi tre anni, attività formative manageriali, di gestione e amministrazione di impresa, fra questi la maggiore parte, il 18,9%, ha partecipato a più di un evento formativo, il 12,4% soltanto ad uno. Formazione linguistica: il 42,4% non ha alcun tipo di conoscenza linguistica, una percentuale analoga, ha una competenza prevalentemente scolastica di una o più lingua straniera; solo il 13,1% dichiara un buon livello parlato e scritto di almeno una. Le “attenzioni” al personale: Ben il 35,8% ha svolto attività formative negli ultimi tre anni, mentre la gran parte del campione, non ne ha svolto alcuna (64,2%). Investimenti in R&S: Calabria fanalino di coda. Le imprese italiane mostrano una modesta propensione all’investimento in ricerca e sviluppo, lo 0,7 per cento del Pil a fronte di una media Ue pari all’1,3 per cento). Un quadro poco confortante con la Calabria fanalino di coda. La gran parte della spesa per ricerca e sviluppo è concentrata nel nord del Paese (il 60,6% della spesa totale). Le imprese della Calabria, al contrario, sono quelle che investono meno rispetto al Pil prodotto (0,01%). Comunicazione: una impresa su due non ha ancora un sito. Va peggio per i social. Esistono ancora ampi margini di miglioramento per le attività di comunicazione on-line. Oltre la metà delle imprese intervistate, infatti, ben il 53,6% per l’esattezza, dichiara di non possedere ancora un sito internet. Associazionismo: Poco meno del 90%, non fa parte o ha aderito ad alcuna forma di aggregazione, contro il 10,8% che, invece, risulta associata. Fra quest’ultime, in particolare, il 6,7% fa parte di strutture consortili e il 2,3% a sistemi distrettuali, molto ridotta e scarsamente rilevanti le percentuali di imprese associate in ATI (1,8%) o che hanno aderito a contratti di rete (1,2%). La fiducia del “sistema Cosenza”: migliorano le aspettative per il prossimo anno. Nel 2015 prosegue il miglioramento dell’indice di fiducia generale che dopo il notevole incremento del 2014 (+21,1 punti) guadagna ancora 17,5 punti passando dal 62 al 79,5, il miglior risultato registrato dall’indicatore nei sette anni di rilevazione. Esso inverte la sua tendenza dopo un triennio di forte peggioramento che ha visto toccare nel 2013 il suo punto di minimo storico (40,9).