Autonomia, per Gimbe è il “colpo di grazia al Servizio sanitario nazionale”
“Oggi siamo davanti ad una ‘frattura strutturale’ Nord-Sud che compromette qualità dei servizi sanitari, equità di accesso, esiti di salute e aspettativa di vita alla nascita, alimentando un imponente flusso di mobilità sanitaria dal Sud al Nord. E La legge sull’autonomia differenziata non potrà che amplificare le diseguaglianze già esistenti in sanità”. Lo afferma il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta. L’autonomia differenziata anzi, sottolinea, “renderà il Mezzogiorno ancora più dipendente dalle ricche Regioni del Nord, che a loro volta rischiano di peggiorare la qualità dell’assistenza per i propri residenti, perché non potranno aumentare in maniera illimitata la produzione di servizi e prestazioni sanitarie a favore dei ‘migranti della salute'”. Secondo il presidente Gimbe, inoltre, “oggi è stato dato anche il colpo di grazia al Servizio sanitario nazionale, pilastro della nostra democrazia e strumento di coesione sociale, per un machiavellico ‘scambio di cortesie’ tra le forze politiche di maggioranza”. Sulla stessa linea di Gimbe il segretario nazionale del sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed, Pierino Di Silverio, secondo il quale l’autonomia differenziata “segna l’inizio della fine per l’indivisibilità dei diritti civili e sociali, a cominciare da quello alla salute. Nonostante molti esperti in materia, alcuni presidenti di Regione, la Cei, forze politiche e sociali diverse abbiano da mesi cercato di far comprendere la rischiosità del provvedimento, per la coesione sociale e la stessa identità nazionale -rileva Di Silverio in una nota- la logica degli scambi politici ha finito con il prevalere legittimando l’esistenza di più sistemi sanitari in barba alla Legge 833 del 1978 e all’articolo 32 della Costituzione”. Secondo il leader sindacale, infatti, “la possibilità concessa alle Regioni ricche (il Nord) di trattenere più gettito fiscale configura un extra finanziamento destinato ad alimentare prestazioni sanitarie aggiuntive per alcuni cittadini rendendo un diritto costituzionale funzione del reddito e della residenza. Chi risiede in Regioni ‘forti’ si curerà, gli altri potranno solo aspettare o migrare o rinunciare alle cure, come già fanno 4,5 milioni di italiani”. Ed ancora: “Un sistema indebitato e sottofinanziato, che esplicitamente esclude aggravi per la finanza pubblica, come potrà colmare l’attuale differenza del 25% di spesa sanitaria individuale tra Nord e Sud? Si sancisce, così -avverte Di Silverio- la fine del welfare state unitario, per anni elemento cardine della nostra democrazia, e le cure non saranno più garantite in maniera omogenea secondo il dettato dell’art 32 della Costituzione”.