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Inchieste, frodi e truffe in molte regioni, anche in Calabria false assunzioni dei migranti

Inchieste, frodi e truffe in molte regioni, anche in Calabria false assunzioni dei migranti

Inchieste, arresti, frodi e truffe. Il sistema delle false assunzioni dei migranti eludendo il decreto flussi sembra essere radicato in quella parte dell’imprenditoria troppo spesso collusa o facente parte proprio del sistema criminale. E così, in Puglia, in Campania, in Calabria ma anche al Nord, si moltiplicano i fascicoli d’indagine sulle frodi che consentono ai datori di lavoro di incassare illecitamente sulla pelle di migranti con il sogno di ottenere un permesso di soggiorno. Un fenomeno denunciato dalla stessa premier Giorgia Meloni -che ha inviato un esposto all’Antimafia- ma sul quale da tempo è posta l’attenzione delle Procure, compresa quella di Napoli, il capoluogo dove sarebbe stato registrato il maggior numero di richieste per il nulla osta nello scorso click day. La stessa Direzione nazionale antimafia precisa che il proprio compito è quello di “impulso e coordinamento di indagini delle procure distrettuali” che stanno già indagando sul fenomeno. Si tratta di numeri abnormi che da tempo portano investigatori e inquirenti, soprattutto del Sud Italia – dalla Puglia alla Calabria – a guidare operazioni e indagini nei confronti di datori di lavoro fin troppo zelanti nel promettere regolarizzazioni di lavoratori extracomunitari, senza però mai completare le richieste. Solo qualche mese fa, in Salento, carabinieri e Guardia di Finanza hanno arrestato tre imprenditori con l’accusa di aver favorito l’immigrazione clandestina di 900 migranti sfruttando lo stesso modus operandi. Denaro che consentiva loro di chiedere al ministero dell’Interno il “modello informatico” attestante l’assunzione dei migranti. Un’attività che aveva fruttato profitti per oltre 1,3 milioni di euro. Ma non sembrano essere casi isolati, piuttosto una pratica ormai collaudata da anni con la quale imprenditori senza scrupoli tentano di arricchirsi sulle spalle dei migranti. Episodi registrati anche in Calabria, in particolare nella piana di Sibari. Ai migranti venivano chiesti 6.000 euro, tramite un mediatore, per ottenere la promessa di un posto di lavoro e, quindi, la possibilità di restare in Italia.

 

 

 

 

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