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I dubbi della Consulta sulla legge calabrese che blocca nuovi Ncc

I dubbi della Consulta sulla legge calabrese che blocca nuovi Ncc

Dubbi della Corte costituzionale sulla legittimità del divieto – che dura da più di cinque anni – di rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio di noleggio con conducente (Ncc), fino alla piena operatività del registro informatico pubblico nazionale. Per questo, la Consulta – nell’esaminare il ricorso della presidenza del Consiglio contro una legge della Regione Calabria del 2023 – ha deciso di sollevare dinanzi a sé la questione di legittimità inerente la norma che stabilisce tale divieto. Con un’ordinanza depositata oggi, la Corte osserva che la norma il questione ha consentito la possibilità di bloccare per un tempo “del tutto ingiustificato” il rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio di Ncc, dovendosi escludere che “sia riconducibile a un motivo di utilità sociale o a un interesse della collettività, apparendo piuttosto rispondere a un’istanza protezionistica”. Sempre sullo stesso tema, i giudici costituzionali hanno poi dichiarato “non fondata” la questione di legittimità inerente un’altra misura contenuta nella legge della Regione Calabria: il Governo, nel suo ricorso, lamentava che la legge regionale avesse esteso anche agli Ncc la facoltà di fornire servizi innovativi, in contrasto con la disciplina dettata dal legislatore statale, che limiterebbe tale facoltà ai titolari di licenza per il servizio di taxi. La Corte ha osservato, in primis, che la legge impugnata riguarda il solo servizio di taxi, e ha poi rilevato che, dal sistema normativo, non si può evincere alcun “radicale e indiscriminato divieto di erogare servizi innovativi” per coloro che svolgono il servizio di Ncc. Le innovazioni, oggi capillarmente diffuse nel settore dei trasporti, si legge nella sentenza, “rappresentano il cardine della libertà d’iniziativa economica privata e dell’interazione fra le imprese in un mercato efficiente e attento ai bisogni dei consumatori”. La Consulta ha ribadito che le limitazioni della libertà garantita dall’articolo 41 della Costituzione devono essere funzionali alla tutela di uno specifico interesse pubblico, adeguate e proporzionate rispetto allo scopo da perseguire: un divieto assoluto di fornire servizi innovativi, invece, “configurerebbe una misura protezionistica a favore di una determinata categoria di imprese, pregiudicando non soltanto la libertà di iniziativa economica privata, che ha la sua cifra caratteristica nella costante ricerca di innovazioni, ma anche il benessere del consumatore”.

 

 

 

 

 

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